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UN OTTO MARZO INFINITO

L’otto Marzo dovrebbe essere tutti i giorni!
Se sei d’accordo condividi la cartolina qui sotto… 

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Perchè è sempre LA FESTA DELLA DONNA!

 

COMUNICARE SAN VALENTINO

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Tra due settimane esatte è San Valentino. Approfittiamo di questo evento per dare visibilità al nostro marchio e vendere i nostri prodotti.

Come approfittare dell’occasione per pubblicizzare sui social i nostri articoli supersanvalentinosi?
Che tono usare?
Che immagini postare?

La regola dovrebbe essere: sparigliare le carte, introdurre sorprese, far sobbalzare chi si aspetta sempre i soliti cuoricini rosa. Ci sono tanti modi diversi di farlo, di sorprendere ed emozionare… e poi ci sono anche tanti modi diversi di star dentro la tradizione usando i simboli dell’amore in modo meno mieloso e scrivendo cose interessanti con il tono adatto alla nostra azienda.

Ognuno sceglierà il modo più appropriato per dire Buon San Valentino… ma se per caso avete pensato al sesso…
Si può essere piccanti in tanti modi e ognuno troverà quello più adatto.

Non tutti hanno la fortuna di essere Chupa Chups, l’azienda spagnola di lecca lecca che l’anno scorso ha avuto gioco facile all’insegna di un imperativo  “ A San Valentino si Chupa!”
Anche noi però che produciamo e vendiamo oggetti forse meno intriganti sul versante dell’eros, abbiamo le nostre frecce da giocare.

Per il mondo dell’arredo va bene tutto, meglio quelli che hanno in catalogo un divanetto d’amore (scomodissimo!),
letti a baldacchino o fantastici, sciabordanti letti ad acqua dove il motto verdoniano “famolo strano” potrà alternarsi a qualche verso rubato alle poesie proibite di Catullo. Il poeta latino sarà più elegante ma decisamente più scabroso.

Il mondo dei gioielli deve gran parte della sua fortuna a cupido ed eros. Le immagini saranno un tripudio di forme morbide e tagli appena oltre il consentito. Collane lunghissime, scollature, labbra e mani bramose non soltanto di diamanti. A commento la solita Anaïs Nin del “Delta di Venere” tutta perle, labbra e…
Ninnoli e oggetti dalle forme quasi esplicite riempiono senza che ce ne siamo mai accorti le nostre collezioni. Fotografiamoli da vicino approfittando della curva di una spalla, di un seno, di un’anca… e accompagnamoli con la descrizione minuziosa della lucentezza sensuale della loro superficie.

L’erotismo è una fetta importante dell’amore.
Conosciamo tutti il limite oltre il quale il nostro target non gradisce più.
Alla provocazione patinata potremmo sostituire ironia e humor che riescono bene a sdrammatizzare la potenza del sesso trasformandola in energia liberatoria, sorrisi e risate di cui è fatto l’amore al pari delle ombre scure del desiderio.
Anziché Valentina di Crepax, già diventata testimonial dell’intimo più audace, useremo un repertorio da “I dolori del giovane Walter” alla Luciana Littizzetto, dove la Jolanda ha il suo bel da fare.
Perché non dare il via ad un bel conto alla rovescia da qui al 14 febbraio parafrasando ogni giorno un’estemporanea performance da Kamasutra?!

Basta un po’ di fantasia, saper dosare gli ingredienti senza calcare troppo la mano e forse riusciremo a  trovare un po’ di visibilità anche a San Valentino evitando di finire nella sterminata foresta di cuoricini rosa dove tutto si assomiglia.

Ogni occasione è buona per dare risalto al nostro  marchio e ai nostri prodotti in internet, sui social, e nel mondo vero, quello fatto di abbracci, spritz, corse e birrette in compagnia. Qualcuna si confà di più alla nostra attività, qualche altra meno.
Approfittiamone in modo intelligente.

Pinterest, ispirazione social

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È capitato a tutti di rimanere a corto di ispirazione.
Quante volte ci è capitato di girare e rigirare tra le mani i pezzi delle nostre collezioni in cerca di un’idea per creare una linea nuova o semplicemente per  rinfrescare il campionario. Fermo restando che qualsiasi cosa può darci la scossa e mettere in moto la fantasia, forme di oggetti d’uso quotidiano, sculture, musica, cinema, riviste, romanzi, architetture, forme della natura e gli infiniti cortocircuiti che tra questi si innescano, da anni ormai, oltre alle tradizionali fonti,  è possibile attingere spunti creativi dall’infinito, magmatico serbatoio dei social network. Tra questi Pinterest è il posto migliore per fare scoperte sorprendenti, per vagabondare sulle onde di emozionanti suggestioni o per fare ricerche mirate. Ognuno può usare questo mondo infinito di immagini come preferisce.

–  Fare ricerche per  trovare forme ispiratrici per esempio usando parole chiave come “ oval jewels” o “round chairs” o ancora “giacche lunghe”, “scarpe a punta” o “fioriere rotonde”… ovviamente l’uso di keywords in inglese ampierà di molto i risultati della ricerca.

–  Cercare materiali inusuali, tipi di carta o di pietra o legno…

–  Catalogare le proprie ricerche in bacheche che sintetizzano le idee creative dividendole per settori di applicazione come design, grafica, architetture, arredamenti… o in modo molto più personale ed evocativo.

–  Condividere idee e ricerche con amici, collaboratori e clienti, decidendo di volta in volta chi potrà vedere i vostri pin.

In Pinterest le immagini congelano le idee  e quando le mettiamo in una bacheca facciamo un po’ come con le provviste che finiscono nel freezer. A tempo debito potranno essere scongelate, tornare vive e rendere fecondo un nuovo progetto.
Milioni di persone usano Pinterest con gli scopi più diversi, tantissimi per cercare ispirazione, è fantastico come le ricerche di tutti formino uno sterminato abaco di strumenti creativi.

RACCONTARE LA VERITÁ e VENDERE

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L’altro giorno discutevo con un cliente dei vantaggi di raccontare il suo lavoro mettendo in luce anche i lati meno appariscenti della sua attività.  Mettiti in gioco –  gli dicevo  –  parla di te, di come sei arrivato a fare questo lavoro, delle persone che ti circondano e che formano la rete di relazioni della tua azienda.
Parla della magia, dell’emozione di veder nascere le tue creazioni mettendo insieme la forza della natura e le competenze di così  tante persone.
Lui mi guardava, annuiva, approvava, ne parlavamo da un sacco di tempo, ma era percepibile in modo quasi fisico la sua ritrosia a mettere in piazza l’anima della sua azienda, la sua anima.
Per raccontarsi, fare storytelling, occorre mettere in gioco una quantità di energie infinitamente più grande di quello che occorreva per fare la cara vecchia pubblicità. Che non è morta eh!  Può servire ancora sparare uno slogan, mettere una bella foto e comprare un po’ di spazi dove pubblicarli, ma non basta più. In fin dei conti non è mai bastato. Quelli come me che si ricordano di Carosello hanno ben presente di cosa voglia dire raccontare una storia, far nascere un’emozione, far ridere e far piangere.
Raccontare del proprio lavoro, i progetti, la ricerca, i materiali, la produzione, le litigate, l’amore… che stanno dietro a una sedia, un gioiello, una bottiglia di vino… può essere fatto in migliaia di modi diversi. Mettendoci la faccia e parlando dei propri sogni, della propria famiglia, dei calli sulle mani, oppure inventando un simpatico personaggio protagonista di episodi illuminanti. Oppure tutte e due le cose messe insieme. Facendo parlare il nostro prodotto più loquace, oppure…
Quante scelte da fare!
Quasi, quasi mi ritrovo a raccontare delle cose che mi tocca scegliere ogni minuto, le parole, i materiali, i colori, le forme, il tono. Scegliere la carta e quel font, scegliere la foto, tagliarla, impaginarla, provare, fare un modellino, discutere e ridiscutere… buttare via tutto e mandare tutti a quel paese per ricominciare a scegliere.

Raccontarsi serve ad avvicinarci al nostro pubblico, ai nostri clienti, a far cadere le barriere, a far crescere la fiducia, a rendere duraturi i rapporti. Serve a mostrare i nostri prodotti attraverso il velo magico delle emozioni, serve a vestirli della nostra creatività, della nostra fatica, del nostro cuore… e serve a venderli.

Raccontiamo la verità! Vestiamola come vogliamo ma che sia la verità.
Al tempo del web, di Facebook, di Instagram, dei blog e delle newsletter c’è una sola cosa capace di distruggere tutti i nostri racconti e di trasformare lo storytelling in un boomerang, quella falsità che si percepisce immediatamente così  fastidiosa com’è… come una manciata di sabbia nelle mutande.

PAROLE E IMMAGINI

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Parole e immagini sono sempre state il centro della comunicazione.
Dalla santa inquisizione alla pop-art l’immagine ha sempre trovato nella parola scritta una fedele alleata e viceversa.
Mai come oggi però hanno formato un connubio inscindibile.
Sto scrivendo queste poche righe e giá sto pensando a quale immagine potrá illustrarle meglio. Penso ad un post su Facebook e non riesco ad immaginare la mia foto o il mio video senza due righe di commento o una didascalia lapidaria. Tutto contrassegnato dall’hashtag giusto, ancora parole, parole che etichettano ed è fondamentale trovare quelle giuste, inventarsele se necessario.

Fino a qualche anno fa era importante giocare bene il connubio tra parole e immagini per comunicare l’azienda sui grandi poster autostradali e sui paginoni dei quotidiani e c’era il tempo per scegliere lo sfondo, le parole, il carattere con cui scriverle, la grafica che faceva risaltare tutto. Oggi  é mille volte più importante comunicare la propria attivitá, scegliere parole e immagini, e tocca farlo dieci, venti volte al giorno spesso senza nemmeno il tempo per capire l’effetto che farà. A volte non ci accorgiamo nemmeno di farlo!
Rispondiamo ad una mail, due righe e alleghiamo una foto per farci capire e non stiamo lì a pensare al tono che abbiamo usato, se l’immagine era quella giusta davvero o  si poteva fare meglio. Ma nessuna paura… Non abbiamo neanche il tempo di sentire il fruscio della mail che sfreccia che siamo giá pronti a rifarci scegliendo un’immagine da postare su Instagram – il re dei social oggi – decidere se aggiuncerci un filtro o postarla così… nature, scriverci due cose e aggiungerci una fila di hashtag che non finisce più. Su Facebook lo scritto diventa piú lungo e la foto deve fare lei stavolta il commento e…  possiamo anche dimenticarci degli hashtag. Un Tweet non lo vogliamo fare di corsa? Certo è complicato! Ci vuole un sacco di tempo ad essere così brevi. Concentrare tutto in 140 caratteri dando la sensazione che se avessimo avuto più spazio allora sì che sareste rimasti lì incollati a leggere… Intanto scriviamo la battuta fulminante o il commento appropriato lasciando al link sotto tutto il lavoro sporco. E anche qui una fotina piccina non ce la mettiamo?
Fatto tutto  ripensiamo alla newsletter che abbiamo inviato ai nostri cari settemila lettori. Riguardiamo la grafica, la copertina, il titolo, ci perdiamo a rileggerla. Quasi ci vengono i lucciconi per come siamo stati bravi e invece manca mezzo paragrafo alla fine che becchiamo due strafalcioni. Non li avevamo visti prima e adesso non si possono più correggere.
Dura curare la propria immagine senza sbavature. Ma non facciamoci troppi problemi, tra dieci minuti avremo giá modo di rifarci, altre parole e immagini da scegliere, da scrivere, da scattare.
Una bella foto, due parole giuste e il gioco è fatto!
O no?!

NB. Ne sapete di certo mille più di me, ma ci fosse anche uno solo con qualche dubbio, qualcuno come me insomma, visto che io di dubbi ne ho a milioni… Ecco! Chiariamo cos’è ‘sto hashtag.
L’hashtag è una parola anticipata dal carattere cancelletto, tipo #instagram, per fare un esempio banale, o #selfie per dirne uno che abbiamo usato tutti. L’hashtag serve per contrassegnare un post, in particolare su Instagram e su Twitter ma un po’ dappertutto ormai.
Così facendo, usando gli Hashtag più diffusi nei social o inventandosene di nuovi, cerchiamo di ottenere un po’ di visibilità, cuoricini su instagram, retweet e tante condivisioni in più.
L’importante è scegliere quelli giusti.

Fin qui parole e immagini per interagire e cercare di creare una propria immagine, un’identità riconoscibile.
Essere social davvero è tutta un’altra cosa.

Leggi anche
SCRIVERE PER IL WEB

DESIGN E COMUNICAZIONE

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Design e comunicazione dovrebbero andare a braccetto!

Sembrerà lapalissiano ma è molto più facile comunicare un oggetto con un progetto interessante alle spalle, ricco di contenuti,  magari sviluppato pensando che poi quel affare lì dovrà essere descritto, fotografato… che parlare, scrivere, fotografare, filmare un oggetto buttato là, nato da un progetto raffazzonato senza alcuna consapevolezza che poi dovrà essere comunicato.

Meglio progettare pensando già a dare visibilità ai punti forti del progetto. Va da sé che quello che stiamo progettando dovrà avere elementi di forte differenziazione, qualità evidenti, caratteristiche importanti su cui lavorare con la consapevolezza che quelli saranno i temi che useremo per dare risalto al nostro oggetto disegnandone il packaging, gli espositori, scrivendone, fotografandolo e descrivendolo in tutte le occasioni e su tutti i mezzi di comunicazione.

La funzionalità e l’ergonomia saranno importanti, ma dovranno balzare agli occhi. Il colore e la forma saranno gli elementi che la fotografia potrà usare con maggiore efficacia se avranno elementi di originalità evidenti. I materiali, i processi produttivi, il ciclo vitale dell’oggetto con le sue caratteristiche di sostenibilità, la sua utilità o forse la sua “inutile” bellezza… sono solo alcuni degli infiniti elementi che possono trasformare un oggetto in un vero e proprio mezzo di comunicazione per sorreggere la propria capacità di vendita e il successo dell’azienda che l’ha prodotto.

Perché tutto ciò avvenga occorre una scintilla, un’idea che caratterizzi l’oggetto in questione, che lo renda quanto più possibile unico nel panorama del suo mercato.

Qualche esempio in cui design e comunicazione hanno formato una accoppiata vincente?

SACCO, la poltrona di Zanotta disegnata da Gatti, Paolini e Teodoro nel 1968, un oggetto diventato protagonista di film e romanzi. Un’idea, un progetto così ricco di contenuti da continuare a produrre significati diversi in tutti questi quarant’anni.

La lampada ARCO, disegnata da Achille e Piergiacomo Castiglioni per Flos nel 1962, mette insieme materiali lussuosi, una forma elegantissima e soluzioni funzionali di dettaglio perfette. Un progetto rivolto ad  illuminare con poetica precisione. Certo!  Ma soprattutto “illuminato” dall’idea geniale di eliminare il vincolo dell’ ancoraggio al soffitto, tradizionalmente al centro della stanza, con la possibilità di spostare la lampada liberamente.
ARCO è ancora un punto di riferimento per il mercato dell’illuminazione.

Potremmo scriverne una lista infinita di oggetti, più o meno belli, più o meno funzionali e utili, tutti con quel quid che li ha trasformati in totem comunicanti. Oggetti che spesso hanno dato vita a un vortice creativo di continui rimandi tra design e comunicazione col risultato di moltiplicarsi in nuovi oggetti e nuovi messaggi.

Visto che viviamo in un mondo superaffollato di parole scritte, parlate, urlate, fotografie e immagini in movimento, riviste, libri, film, e il mare magnum dei Social Network che come una spugna assorbe tutto e lo moltiplica all’infinito, dovremo provare a dotare i prodotti che vogliamo vendere di una personalità che si possa comunicare senza dover ricorrere alla solita aria fritta!  

Pensiamoci mentre progettiamo.
Il primo strumento di comunicazione di un’azienda sono i suoi prodotti.

QUAL È IL MEZZO MIGLIORE PER COMUNICARE?

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Qual é il mezzo per comunicare che usate di più?
Telefono? E-mail? SMS? Messenger? Skype? Whatsapp?
Già il fatto di poterne elencare una quantità… praticamente infinita… Ci fa capire com’è cambiato il mondo in pochissimi anni.
Ho volutamente omesso i segnali di fumo, i piccioni viaggiatori, i messi a cavallo, la posta celere  e gli inossidabili FAX.

Confesso subito che odio i FAX.
Dieci anni fa avevo dato loro non più di sei mesi di vita, proponendo a un sacco di aziende di eliminare l’ottuso oggetto preposto al loro invio e alla loro stupida ricezione.
C’è la posta elettronica! Dicevo. E mi si guardava con un certo compatimento. Ok! Pensavo, lasciamo che cadano in disuso da soli… Pochi mesi…
Ieri per certificare la mia casella di posta elettronica “certificata” ho dovuto spedire copia dei miei documenti d’identità via FAX.
Ha vinto lui! Amen!
Segretamente continuo a sperare che un virus li metta tutti fuori uso prima della  fine dell’anno.

Invece amo whatsapp!
È gratis! Lo uso quando voglio senza obbligare ad una risposta simultanea… e ha i baffi blu.
Croce e delizia, i baffi blu.
Invio… Baffo grigio… Due baffi grigi… Baffi blu! Perfetto! Ora so che il mio interlocutore ha visto il mio messaggio. Magari non l’ha letto ma l’ha visto. Se dopo un’ora non ha risposto… Inizio a temere per il suo stato di salute. Nel senso che penso sia  in preda a gravi difficoltà psicomotorie… E che… nel caso continuasse a non rispondere potrei attentare direttamente alla sua salute.
Ma che caspita avrà da fare per non rispondermi… l’ha visto il mio messaggio! I baffi blu lo certificano!
Per mettermi il cuore in pace penso si sia dimenticato lo smarfò a casa aperto sulla mia chat.
Bello però whatsapp quando funziona!

Nell’ambito del lavoro la posta elettronica resta il mezzo di comunicazione per eccellenza.
Veloce, affidabile, personalizzabile. Con la possibilità di allegare facilmente qualsiasi tipo di file.
Evitiamo magari di metterci immagini da 20 megabyte come fossero acqua fresca. Per questo esistono strumenti specifici, gratuiti, facilmente reperibili sul web tipo  www.wetransfer.com
Altrimenti riduciamo le immagini che vogliamo spedire a meno di 1 mega. Apriamole per esempio con il visualizzatore immagini di windows (basterà premere il tasto destro del mouse e ci apparirà tra le opzioni) –  il pulsante “posta elettronica” è lì, ben visibile e facile da usare.

Ultima cosa… Rispondiamo alle e–mail!
Anche a quelle che non riteniamo importanti. Certo, qualcosa può scappare, ma ricordiamoci che una risposta pronta aumenta la nostra credibilità.

Intanto perché non farci una bella telefonata?!
Sì! Col nostro telefonino che tra poco ci fa anche il caffè ma che usiamo sempre meno per telefonare.
Ottima idea!
Soprattutto se pensiamo di chiamare famigliari e amici.
Per lavoro invece, potrebbe non essere sempre conveniente chiamare direttamente al cellulare la persona che stiamo cercando. Soprattutto se non la conosciamo bene. Potremmo capitare in un brutto momento e non ricevere le risposte che vorremmo.
Secondo me sarà sempre più utile di questi tempi farsi precedere da un sms chiedendo di poter chiamare. Almeno per quelli di cui abbiamo il cellulare ma con cui non andiamo a ballare!
Un po’ come bussare prima  di aprire  una porta.

Ecco!

Solo qualche riflessione personale. Ognuno ha le sue preferenze, la sua sensibilità e conosce bene i destinatari delle proprie esternazioni.
Teniamo solo in conto che il panorama degli strumenti a disposizione cambia ogni giorno e con esso anche il colore dei nostri messaggi e delle nostre conversazioni.
Alla prossima con skype, piccioni e segnali di fumo!

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Chiamami!
Anche senza farti precedere da un sms! ;–)

 

IL WEB CHE CI SERVE

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Stamattina ho la fissa del web, di quello che serve alle aziende per comunicare in internet.
Una fissazione che cresce da un sacco di tempo, da quando ho visto fiorire dappertutto pubblicazioni specialistiche contrassegnate da una cifra: 3.0 – TRE PUNTO ZERO
Cos’è il Web 3.0? Esattamente non lo so, non so neanche con certezza se esista!
Ero lì che mi trastullavo con l’illusione di essere un sacco avanti, io che in qualche modo so qualcosa di web 2.0, quello dei social per intenderci, delle condivisioni, della viralità, degli hashtag, di Facebook e Youtube, dei blog, di google e compagnia bella…
Ecco che quelli bravi, quelli che sanno tutto di tutto… track!!! Mi sbattono sotto il naso questa storia del web 3.0, una cosa che loro ne parlano già dal 2006… roba di big data, di web semantico… e finiamola lì che ho già mal di testa.
Se vi siete incuriositi fatevi una bella gugglata e andate ad annusare cos’è  ‘sto web 3.0.
Ritorno alla mia fissazione… nemmeno si sa se esista o non esista (il web 3.0) e si scrivono libri, si fanno conferenze e io che giro le aziende piccolissime, piccole e medie, le famose PMI, (che sono piccole sì ma non sono le PM10, le polveri sottili), trovo un sacco di siti di imprese con splendide welcome, con le news aggiornate all’ultima fiera del 2009 (sic!),  siti realizzati in Flash, che frega niente cosa sia, purchè sia chiaro a tutti che sull’ipad non si vede, per dire.
Allora 3.0 o 2.0 dovrebbe importarci poco. Dovremmo preoccuparci invece del divario enorme che si sta creando tra tecnologia, strumenti, capacità di operare e diffusione delle conoscenze di base.
Esistono ancora tantissime aziende, spesso non piccolissime che stanno decidendo in questi giorni di sbarcare in Internet per la prima volta. Tra queste ed anche tra quelle che ci stanno da un pezzo, non sono poche quelle che hanno una visione contorta e annebbiata delle differenze che passano tra sito istituzionale, blog, pagina Facebook, e di cosa caspita serva avere una presenza sui principali Social della rete.
Conoscenze semplici, terra terra, per avere chiaro quello che serve a cosa.

Proverò a dire poche cose semplici, magari banalizzando, non mi importa, credo che quello che conta sia ristabilire una nuova base di partenza, un livello di conoscenze diffuso più vicino alla realtà.

La cosa più importante oggi è che il sito istituzionale, il blog o l’applicazione funzioni decentemente su tutti i nostri dispositivi, sul computer di casa, sul portatile, sul tablet che abbiamo in borsa e sullo smartphone che usiamo ormai per tutto. In una parola è importante che la nostra presenza sul web sia “responsive” ovvero risponda sempre, con qualsiasi strumento vi si acceda.
Questa cosa di dover essere responsive a tutti i costi è un po’ una fregatura, i siti hanno finito per assomigliarsi tutti visto che i layout gira che ti rigira sono sempre quelli. Questo aprirebbe un discorso importante sui contenuti, i testi e le immagini, ma ne ho già parlato e ne parlerò ancora.

Una presenza articolata sul web oggi dovrebbe prevedere almeno un sito istituzionale e  un blog o almeno uno dei due e l’interazione sui social più utili alla tipologia dell’attività.

Il sito istituzionale oggi è l’HUB, l’aeroporto dove tutti arrivano e partono.
Mostra le insegne, il logo, le persone, dice dov’è e com’è la nostra attività.
Il Blog qualche volta può sostituire il sito istituzionale, ma ha una funzione diversa, è il giornale di bordo, serve a condividere la vita quotidiana dell’azienda, i progetti ancor prima che si concretizzino, le idee, i valori.
La rete dei Social connette la gente alla vita dell’azienda e l’azienda alla vita del suo mondo.
Esistono social per tutti i gusti e tutte le necessità, per condividere le proprie immagini con brevi commenti (Instagram), per condividere tutte le immagini che ci piacciono, le nostre e tutte quelle che troviamo sul web (Pinterest), per esprimere brevi pensieri accompagnandoli magari da un’immagine, una sorta di microblog in soli 140 caratteri (Twitter), per pubblicare i nostri video a scopo ricreativo, divulgativo o didattico (Youtube), per presentarci e interagire col mondo professionale e delle imprese (LinkedIn), ed infine  Facebook e Google+ dove la vita scorre di condivisione in condivisione con tutte le sue sfaccettature. Una rete fatta anche da un’infinità di altre modalità di interazione, Foursquare  basato sulla geolocalizzazione e quindi adatto al turismo per esempio, e poi ancora, e ancora…
Se siete lì che state pensando a cosa potrebbe mai servirvi questo o quell’altro, quale vi si addice di più… ecc… direi che siamo sulla buona strada.
Questo lungo post forse ha fatto un po’ di chiarezza, ma soprattutto spero abbia fatto nascere tante altre domande…
E l’Hosting? E cos’è WordPress? E quanto dovrebbe costare un sito web? E come dovrei usare i social per promuovere la mia attività? E l’e–commerce? E la landing page? E l’inbound marketing? E l’email marketing? E come dovrebbero essere i testi? E le foto? E…? E…? E…?

Serve ancora qualche risposta?

 

IL COLORE DELLE PAROLE

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Il tono della nostra voce ci distingue, meglio scegliere con cura il colore delle parole.
Stamattina un’amica che scrive su un blog frequentatissimo mi parlava di stile, di registro, di mood. Mi diceva, sì va bene quel pizzico di umorismo e di ironia ma badando a non esagerare, a non usare mai toni caustici o sarcastici.
Aveva ragione, il suo stile lo esige, le persone cercano nel suo blog l’aria leggera e piena di sole di un sabato mattina a metà Aprile con le ombre e il sole che giocano tra i palazzi storici del corso mentre aprono le botteghe alla moda e il fioraio all’angolo fa a gara con la pasticceria di fronte a prenderci per il naso.
Lei usa parole azzurre, lilla, pervinca che si alternano a quelle che sanno di pane appena sfornato, zuppe, caffè, vaniglia e il ritmo è da brezza primaverile, un‘aria già tiepida ma frizzante.
Perfetto! E poi novità, novità, novità…e autoironia e leggerezza…
Una scrittura mai stucchevole sempre in perfetto equilibrio tra dolce e salato.
Poi invece, cambiato blog, c’è chi tira merda e prende a scudisciate in faccia con post al vetriolo e tweet che magari ci fanno pure ridere ma sono come quando sbatti lo stinco e ti giri, sorridi… no! Fatto niente… mapporcasozzadiunaputt…
Ma ce lo siamo cercato noi eh! Perché lui scrive così, di quelle cose lì perché sa che ci piacciono.
Sa che corriamo a leggere l’ultima stronzata (scritta da dio), quelle tre righe che ti spiegano il sesso o la morte o solo il niente di un martedì mattina…
Volgarità esibita con destrezza, sarcasmo, nichilismo, tagli netti come rasoi… un altro mood, nient’altro che parole e stile diversi, altri ritmi e altri colori.
Parole nere o bianche, rosse, color terra, viola scuro. Parole sparate a raffica e sospese nel nulla di quei tre puntini… che ti lasciano immaginare quello che vuoi.
Parole che pensavo servissero solo a stupire e che invece intrigano adolescenti e li portano dritti dritti a un e–commerce di t–shirt e felpe e jeans skinny e microgonne in lurex e accessory decisamente dark.
Pubblico generalista? Piccole e grandi nicchie? Tutto ha una sua voce, un colore che se ne sia consapevoli o meno.
Chi legge il blog intrigante e leggero per sapere dove trovare il regalino giusto, per stupire ed essere sempre aggiornato all’ultima tendenza non è detto disdegni poi gli antri bui dove bollono i calderoni mefitici e dove lo stregone di turno si trastulla rovesciandoci lo stomaco come un calzino.
Siamo fatti di tante cose e ne cerchiamo sempre di nuove.
Però se vogliamo attrarre le persone interessate a noi, ai nostri prodotti e ai nostri servizi è meglio se proviamo ad essere riconoscibili, a vestire anche il nostro linguaggio sul web con i nostri colori scegliendo le parole giuste.
Al di là degli estremi ci sono un’infinità di gradazioni possibili, di toni giusti, ma soprattutto di parole e stili che ci appartengono e in cui ci riconosciamo.
Possiamo essere allegri allegri e scrivere da far ridere a crepapelle oppure far sorridere soltanto, usare parole che emozionino fino alle lacrime o pervadano di una sottile malinconia. Possiamo essere dei tecnici competenti ed usare un tono dottorale o essere ugualmente preparati e comunicare tutto il nostro sapere con leggerezza e autoironia. Possiamo decantare la bellezza e la preziosità delle nostre collezioni con processioni di superlativi e parolone che sanno solo su Wikipedia o inventarne di preziose, semplici e limpide come diamanti. Possiamo descrivere le qualità tecniche della nostra produzione usando il linguaggio degli addetti ai lavori o colorando con i toni del nostro stile anche la descrizione della lavorazione più hi–tec.

La nostra identità e quella della nostra azienda è fatta anche dalle parole che scegliamo, dal tono, dal ritmo della nostra voce che diventa  scrittura e immagini sul nostro sito internet, sul blog, sui social, sulle news che ci rappresentano e mostrano al mondo la nostra faccia.
Cerchiamo che sia riconoscibile…  che sia davvero la nostra faccia.

UNO STAND SOCIAL

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Bello lo stand social di Cariolato Arredamenti!
Visto Domenica scorsa a SpazioCasa, la fiera Vicentina dedicata all’arredo. Oltre alle bellissime cose delle più prestigiose marche del design contemporaneo, lo stand era caratterizzato da un angolo giallo. L’angolo dei post-it dove tutti i frequentatori della fiera potevano lasciare un breve pensiero sulla propria idea di casa. Un modo diverso di rendere vivo, interessante e divertente la propria presenza nella kermesse vicentina. Uno stand social davvero, un modo creativo per far agire la gente e raccogliere idee che magari verranno buone sul web. Per essere veramente social bisogna proprio innescare un circuito tra realtà e web che moltiplica all’infinito la visibilità e gli incontri. Il web funziona se racconta cose che succedono davvero e se grazie a internet ci si trova nella realtà!
Bello uno stand social tutto giallo!

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