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PAROLE PERICOLOSE

PAROLE-PERICOLOSE

 

Quando scriviamo della nostra azienda e del nostro lavoro sulle brochure e sui cataloghi che diamo alla stampa e ancora di più sul nostro sito internet e sui profili social usiamo troppo spesso un linguaggio poco preciso. Alludiamo a una cosa e senza accorgercene ne diciamo un’altra. Così facendo indeboliamo la nostra immagine. Capita scrivendo senza consapevolezza di quello che stiamo dicendo di  raccontare prodotti e lavori che a ben guardare non sembrano i nostri.

Ci sono parole intorno alle quali giochiamo la fortuna della nostra attività, parole pericolose, da usare con le pinze.
Le due paroline più bastarde che mi vengono in mente sono MODA e LUSSO.
A queste se ne possono aggiungere tante altre. Ognuno, nel proprio settore, avrá le sue.

MODA e LUSSO
Parole che spesso vengono accomunate sebbene  in realtà esprimano tipologie di prodotti con caratteristiche lontanissime tra di loro. La variabile tempo discrimina i due termini in modo radicale ponendoli agli opposti.

La MODA per sua stessa definizione è ciclica.
Gli anni e le stagioni scandiscono il mutare dei gusti, delle mode appunto. Un oggetto di culto oggi, domani non lo sarà più, sarà passato di moda.
Il LUSSO invece cristallizza il tempo.
Il passare del tempo si sedimenta sull’oggetto aumentandone il valore. Gli oggetti di lusso sono realizzati con materiali di difficile reperibilità, da mani esperte che hanno impiegato una vita per apprendere ed affinare le tecniche per lavorare quei materiali, spesso appropriandosi del sapere di generazioni di maestri.
Nella MODA gli oggetti perdono di valore e vengono rimpiazzati da altri, nel LUSSO gli oggetti acquistano maggior valore col passare del tempo.
La MODA, quella che noi immaginiamo comunemente, è la giostra infinita delle collezioni che ogni stagione si muovono dalle passerelle ai manichini dei negozi. Nella moda per quanto raffinata e costosa non c’è LUSSO. IL LUSSO è senza tempo. Un divano alla moda potrà essere realizzato di materiali costosi ma la sua stessa produzione industriale esclude che possa definirsi oggetto di LUSSO.
La moda mira alla massima diffusione possibile. Anche quando si rivolge alle élite cerca di declinarsi verso il pubblico piú ampio possibile.
Il lusso per definizione è elitario e mira ad una clientela molto ristretta e selezionata.
Va da sé che gran parte di quelli che chiamiamo oggetti di LUSSO sono in realtà soltanto un po’ cari.
Sembrano quisquiglie lessicali, pinzillacchere da azzeccagarbugli ma in realtà cominciando a mescolare i significati di MODA e LUSSO si perdono i riferimenti per definire il proprio lavoro e diventa un gran casino comunicarlo.
Il più delle volte gli oggetti che definiamo di MODA e/o di LUSSO non appartengono a nessuna delle due categorie, raramente sono di moda e quasi mai di LUSSO.
Il danno maggiore che ci fa questo fraintendimento è quello di collocare la nostra produzione lontanissimo dal suo target, di comunicarla ad un pubblico disinteressato, o addirittura di usare un linguaggio che disorienta e allontana anche quella clientela che potrebbe essere interessata all’acquisto.

Nel tuo lavoro quali sono le parole magiche e quelle che invece sembrano farfalle ma sibilano come sassi?
Quali parole tra quelle che usi abitualmente per descrivere i tuoi prodotti potrebbero essere fraintese anche in modo pericoloso per le tue vendite? 

 

 

 

non lo faccio mai…

NON-LO-FACCIO-MAI

 

Non lo faccio mai…
ma forse ogni tanto meglio farlo
intendo promuovere direttamente il mio lavoro, così senza tanti preamboli, di solito preferisco raccontare di design, grafica, fotografia, web, interior design, packaging, exhibition design, scrittura… e un po’ tutto quello che interessa o capita a me che di lavoro vendo idee, progetto e creo materiali per aiutare le aziende a migliorare i propri prodotti e a comunicarli.
Chi sono, ed esattamente cosa faccio?
Di me continuo a dire che sono un architetto e un maratoneta, o viceversa, come preferite, continuo a dirlo nonostante le mie corsette siano diventate sempre più rare e lente. Mi piace lo spirito della corsa di lunga e lunghissima distanza, la determinazione un po’ folle necessaria ad arrivare in fondo. Una voglia di fare sempre meglio, di trarre motivazione da ogni sfida che aiuta anche nel lavoro. Dipingo, scrivo, fotografo anche solo per passione. Appena laureato ho fatto l’architetto, quello che progetta le case e i piani urbanistici, poi il caso mi ha portato dentro la fabbrica. Una fabbrica di gioielli che avevo progettato io. Dentro l’azienda ho fatto tutto quello che un creativo può fare, ho disegnato collezioni e pezzi unici, gioielli innovativi e altri sulle tracce della tradizione, immaginato campagne stampa, seguito shooting fotografici, impaginato cataloghi, inventato slogan, montato video, progettato corner in negozi prestigiosi e inventato stand e vetrine per le Fiere più importanti. Ho vissuto l’arrivo di internet come una grande opportunità per tutti portandoci l’immagine aziendale, scrivendo newsletter, scattando foto e creando i materiali da condividere sui social network.
Quasi dieci anni fa, ho deciso di allargare il mio raggio d’azione mettendo al servizio di ogni tipo di azienda  l’esperienza maturata dall’interno del mondo produttivo. Da allora ho disegnato mobili e ceramiche, accessori d’argento, oggetti di plastica, di marmo e di metallo, disegni per tessuti, tanti LOGO, la grafica istituzionale e l’immagine coordinata per aziende molto diverse tra loro.
Dico sempre che il mio lavoro vale solo la metà del risultato finale, l’altra metà ce la mettete voi condividendo idee, informazioni e stimoli senza i quali non sarebbe mai possibile dare forma e valore al vostro lavoro e comunicare un’immagine forte e coerente della vostra impresa.

Per lavorare insieme serve un feeling senza il quale non si fa niente,
chiamami
Paolo Marangon
335 496048

Chi sono?

Chi-sono

 

Chi sono?!
A volte mi vengono dei seri dubbi che la gente sappia rispondere ad una domanda così semplice.
Quando do un’occhiata al sito di un’azienda, a quello di qualche professionista o al sito di una qualsiasi società di servizi, la prima cosa che vado a vedere è… Chi sono.
La fregatura é che la maggior parte delle volte quando clicco sul pulsante del menù principale – Chi sono – o – About – o – Chi siamo – trovo un’altra cosa. Trovo quello che la gente fa. Come se avessi cliccato il pulsante cosa faccio, cosa facciamo. In realtà la maggior parte delle volte lo so già benissimo cosa si fa in quel sito. Perché se sto navigando un sito di giardinaggio so che probabilmente il titolare farà il giardiniere, se guardo un sito di consulenze so di sicuro che i titolari fanno i consulenti. Insomma so sempre cosa si fa sui siti che vedo. Il più delle volte invece è difficile sapere chi sono le persone che svolgono quelle attività.
È un peccato perché a me interessa molto chi sono, il più delle volte mi interessa più di quello che fanno. Credo che tantissima gente voglia sapere con chi ha a che fare. Penso ci siano infiniti modi per dirlo, per presentarsi, mostrando tanto o poco di sé, dicendo cose apparentemente futili o fatti essenziali, l’importante secondo me è provarci.  Mettere una foto, dire quello che ci piace, svelare un sogno… cose semplici, senza preoccuparsi troppo. É come allungare una mano e dire – Piacere, eccomi! –
Io ci ho provato, magari non dicendo tutto quello che il visitatore del mio sito vorrebbe sapere, però ho messo lì quello che sono, forse quello che ero. Adesso dovrei già cambiare, aggiungere, togliere.
Ho raccontato i miei gusti e siccome i gusti cambiano sarebbe ora di aggiornarli. Sarebbe ora di cambiare la foto, che non può rimanere come un’icona quella per sempre. Il nostro sito internet dovrà avere certamente un aspetto più istituzionale dei profili social su cui pubblichiamo il nostro quotidiano ma sarà meglio evitare il deposito della polvere.
È Pasqua, è iniziata una nuova stagione e forse è il momento di dare una bella rassettata anche al nostro sito.
Se serve una mano sono qua!

IL DESIGN DEL PRODOTTO

Il-design-del-prodottoSi inizia a comunicare l’azienda a partire dal design del prodotto.

Le aziende più riconoscibili sono quelle che ci mostrano prodotti che si riconoscono al volo!
Con un prodotto fortemente identificabile é certamente piú facile vendere.
Ma come si progetta un prodotto riconoscibile?

Qualche idea:

1. Cerchiamo nuove tecnologie.
Modalitá che permettano di produrre oggetti piú innovativi, piú efficaci, spesso piú economici e piú belli.
Investire in ricerca é senza dubbio una delle attivitá che permette maggiormente  all’azienda di differenziare la sua produzione e di rendersi riconoscibile.

2. Usiamo nuovi materiali
Non è necessario inventare chissà che. A volte basta un abbinamento insolito, guardare a settori produttivi diversi.
Mutuare forme, colori e materiali da settori diversi dal proprio puó portare a soluzioni interessanti.

3. Ricicliamo
Prendere semilavorati e scarti sia dalla nostra che da altre produzioni. Quello che abbiamo sempre considerato solo uno scarto, solo un costo di smaltimento potrebbe essere al centro di una nuova brillante produzione.
L’uso di materiali riciclati, a metá strada tra ricerca tecnologica ed estetica introduce il concetto di valore “morale” nella produzione e nel design del prodotto. Materiali e forme create per soddisfare funzioni diversissime una volta riciclate trovano una nuova ragione d’essere.
Il design del riuso è sempre un’avventura creativa densa di contenuti da comunicare, moltiplica il valore dei materiali, delle forme e delle idee e normalmente consente di ottenere risultati fortemente innovativi.

4. Cambiamo colore
Il colore è una delle qualità che aiutano maggiormente a vendere un prodotto e a renderlo riconoscibile.
Cerchiamo il nostro colore. Quello che identifica il prodotto e l’azienda. Tenue, acceso… l’importante è che esca dal coro e si faccia ricordare. Nello scegliere il colore che ci rappresenta pensiamo a tutte le implicazioni che avrà.

5. Inventiamo forme nuove
La ricerca estetica della forma è l’essenza stessa del design.
Su questo terreno le invenzioni si sprecano, si accavallano e si sovrappongono in infiniti tentativi di innovazione. L’invenzione formale é però troppo spesso la modalitá piú semplice e  meno efficace di innovare, una scorciatoia affollata da imitazioni.
Certo l’intuizione in cui forma e sostanza si uniscono a creare una sorta di totem segna un momento creativo felicemente raro.

6.Lavoriamo con persone diverse
Spesso avvalersi di creativi con competenze anche molto diverse dalle proprie, provenienti da settori che ci sembrano lontanissimi dal nostro, può essere un’arma vincente per abbattere il muro dell’ovvietà!

7.Teniamo a bada la creatività
Non esageriamo a produrre invenzioni formali come se piovesse. Troppa creatività finisce per  annullarsi. Non soffochiamo una bella invenzione annegandola in un mare di collezioni diversissime. Evitiamo di proporre un campionario dall’effetto risotto!

8.Pensiamo alla confezione
Immaginare il packaging con cui commercializzeremo il nostro prodotto ci aiuterà, oltre a risolverci un sacco di problemi, a rendere gli oggetti della nostra produzione più originali.

9.Non copiamo a pappagallo
Saper copiare sta alla base di tutta la creatività. Pensare di essere davvero gli unici, i primi in assoluto ad aver avuto l’idea geniale è quasi sempre una presunzione infondata. Guardiamoci attorno ed impariamo a copiare quello che conta, il metodo, l’intuizione primigenia che magari nemmeno si vede nel prodotto che ci attrae e ci stupisce.
Copiare a pappagallo è stupido ancor prima che scorretto e illegale.
Se ci sono aziende che sono più brave nell’innovare la loro produzione proviamo a capire che percorso hanno fatto, e poi inventiamo un nostro processo creativo. E’ l’unico modo per dare identità alla propria impresa, per avere qualcosa da comunicare efficacemente.
È il modo migliore per vendere!

SPLENDIDE IMPERFEZIONI

splendide-IMPERFEZIONI__1000Quello dell’imperfezione è un tema che mi affascina, un tema che in tanti modi diversi sta al centro di tutti i processi creativi. Ovviamente parliamo sempre di imperfezioni che hanno quel quid  che migliora le cose e le persone.

LE PERSONE
Un viso fortemente asimmetrico segnato da occhi lunghi come ogive, la pelle troppo bianca, i capelli troppo biondi, un’inflessione della voce strana… l’eleganza in difficile equilibrio…
Com’è difficile guardarci allo specchio e voler bene alle nostre imperfezioni!

LA SCRITTURA
Anche nella scrittura le imperfezioni creano senso, emozionano, aumentano l’attenzione del lettore. Mi piacciono gli elenchi ossessivi, le interruzioni improvvise, le parole apparentemente fuori luogo…
Le parole sono degli oggetti strani, a volte ne ripeto una fino a quando perde il suo significato e non restano che suoni e segni astratti sulla carta.

I MATERIALI
I segni del tempo trasformano i materiali e ne tirano fuori l’anima. Fessure, striature, ammaccature, tagli, porosità, deformazioni, cambiamenti di colore… diventano marchi di qualità, attestano la naturalezza e la resistenza di materiali che vengono scelti e apprezzati proprio per come si trasformano nel tempo e per l’unicità delle loro imperfezioni.

IL PROGETTO
In ogni progetto è possibile introdurre elementi di imperfezione. Esagerazioni, eclatanti scostamenti dallo standard. Penso che esista davvero un progetto solo quando sia leggibile la volontà di andare oltre l’ovvio, il banale, le prescrizioni, i regolamenti senza senso. Avere chiari i confini della funzione, dell’economia e della produzione e farli scomparire con un segno.

LA NATURA
La natura è perfetta ed è possibile parlare di imperfezione solo accostandola alle opere dell’uomo. Le imperfezioni che troviamo sulla buccia di un frutto non appartengono al frutto ma al nostro modo di guardarlo e così per tutto il resto. L’imperfezione è un gioco che appartiene solo a noi, alla nostra cultura.

La moda, l’arte, ma anche tutti i manufatti che progettiamo sono ricchi di splendide imperfezioni. È attraverso queste che riusciamo a comunicarli meglio.

WWW.SITO.WOW

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Navigando in Internet a caso mi capita spesso di inciampare, anche senza StumbleUpon, in siti aziendali di ogni specie… abbaglianti, bellissimi, interessanti, brutti, noiosi, dalla grafica antidiluviana, labirintici, che mi chiedono di scaricare Flash, che mi aprono subito un bel pop–up e quelli che sempre più spesso si propongono di risolvere tutti i problemi della mia vita e avanzano il loro aiuto  con una certa aggressività, come se io potessi mai avere dei dubbi sull’efficacia immediata dei mezzi che mi offrono a fronte di una modica spesa.
Ma lasciamo perdere le divagazioni e torniamo ai siti che mi stupiscono.

Resto di stucco quando, navigando siti dalla grafica curata,  finisco a scorrere le news e scopro che la più recente risale al settembre del 2010. Mi informa che l’azienda sarà presente a una fiera internazionale di lì a quindici giorni. Appena sotto la news precedente mi dice che anche nel 2009 era successa la stessa cosa… 

Mi sorprendono i siti che preventivamente aprono una pagina di benvenuto con un’animazione fantastica e mi chiedono di scegliere la lingua che più mi aggrada tra le cinque o sei a disposizione. La cosa che mi sorprende di più è l’icona che prima di ogni altra cosa mi chiede di scaricare Flash Player per poter accedere alla splendida animazione di cui si parlava prima. Tutti i dispositivi Apple non vedono Flash perché tra le altre cose dicono… “Avere Flash Player installato è un invito ad entrare rivolto ai malviventi di tutto il mondo.”

Mi lasciano così… così… quei siti che al pulsante CHI SIAMO mi raccontano un sacco di cose tranne… CHI SIAMO.
Poi ci sono siti dai testi copia incolla, dai testi buttati lì, pieni di errori, dai testi che se non c’erano i testi era meglio. Internet e google in particolare amano le cose scritte in modo comprensibile e non copiaincollate.
Una parte del mio lavoro consiste nello scrivere per il web… se serve son qua!

Un sacco di aziende hanno siti realizzati agli albori di questo millennio, intendo molto prima del 2010. Se da una parte è un bel modo per dire – noi siamo stati i primi –  ora questi siti non danno un’immagine particolarmente innovativa dell’azienda e soprattutto non sono molto funzionali.
Rispetto a vent’anni fa realizzare un sito costa dieci volte di meno però guarderei ancora con sospetto a chi butta là offerte 3×1, sconti 70% o… incredibili TUTTO GRATIS. In genere davanti a queste cose mi vien sempre da chiedermi – dov’è il trucco? – Poi mi capita di guardarci dentro e capisco.

UNO STAND NUOVO

UNO-STAND-NUOVO

 

Le grandi fiere d’Autunno e quelle di inizio 2018 sono dietro l’angolo, ancora di più se stiamo pensando ad uno stand nuovo o a trasformare quello vecchio.

È passato qualche anno da quando scrivevo di uno stand fantastico, quello della Buendia jewels, un’azienda inventata e uno stand che non esisteva.
Bellissimi ovviamente!

Dicevo che tutti dovremmo avere una presenza cosí in fiera, sia che si facciano gioielli, scarpe, arredi o qualsiasi altra cosa.
L’immagine di un’impresa con un’identitá precisa, diversa da ogni altra. Una personalitá che non puó avere la forma di una scatoletta, anche se di cristallo. Ma se il mondo intorno si riduce a tante scatolette aumenta la visibilitá di chi si veste con fantasia.

Avere personalitá non vuol dire fare i buffoni o sfoggiare improbabili look pop.
Basta un lampadario barocco tutto rosso, una grande lastra azzurra lucida come l’acqua, una nuvola di chiffon che avvolga tutto, una lama di luce bianca che attraversa il buio, una distesa di cuscini d’oro, i mobili della nonna mescolati in una grande parete poliforme, una grande grafica vintage, pareti formate da mille piccolissime vetrine trasparenti, un lungo tubo rosa a pois bianchi, proiezioni in bianco e nero sgranati dal ralenty… e ancora, ancora, ancora…

Non é difficile continuare a formulare ipotesi e immagini suggestive, cariche d’enfasi o radicalmente povere. Se mi aiutate ne potremmo scrivere pagine e pagine.
Più complicato utilizzarle senza distruggerle e renderle banali.
Più difficile avere il coraggio di esagerare, di rischiare, di far diventare veri nel progetto aggettivi come grande, piccolissimo, lungo, molto alto, troppo basso, sottilissimo, completamente nero, rosso, bianco…  Luminosissimo, troppo buio…

Proviamoci! Se ci viene una bella idea, coerente con la filosofia della nostra azienda, esageriamo!
Rischieremo di realizzare un altro stand fantastico, di avere visibilitá e successo, di essere apprezzati e probabilmente di risparmiare un po’ di soldi.

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METTIAMOCI LA FACCIA

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Quante volte ci è capitato di guardare un biglietto da visita tornato a galla dal fondo di un cassetto e non ricordare assolutamente nulla del titolare. Leggere Dottor Tal Dei tali, Azienda, Telefono, e–mail e… Niente! Nessun ricordo… Nulla!
A questo punto ci sarà venuto il dubbio che possa essere successa la stessa cosa a tanti altri con la nostra targhetta ormai divenuta evanescente.
Anche voi avrete pensato, come me, che il modo migliore per farsi ricordare meglio è quello di metterci la faccia! Magari poi non l’avete mai fatta quella foto e il vostro biglietto rischia ancora di finire nel limbo fumoso dei ricordi perduti.

Ecco allora 10 idee per farla finalmente la foto!

1 – la fototessera della patente non va bene. Però come per i documenti manteniamo uno sfondo uniforme e bianco. Un bel muro andrà benissimo e sarà più facile impaginarla.

2 – Una luce di lato che dia tridimensionalità sarà perfetta… e non importa se mezzo viso rischierà di finire troppo in ombra.

3 – Un bel sorriso, uno sguardo pensieroso o un’espressione strana, andrà bene tutto, purchè non sia banale come un santino funebre… e allora via con linguacce, occhi che guardano la punta del naso, smorfie, ammiccamenti e sguardi languidi.

4 – Bello il bianco e nero ma vanno benissimo anche i colori purchè lo sfondo resti neutro. Meglio esagerare con colori sgargianti e neri profondi o grigi quasi impercettibili, posterizzazioni e tutti i filtri di Photoshop sperando alla fine di essere ancora riconoscibili.

5 – Il primissimo piano va benissimo, anche il mezzo busto funziona, evitiamo però di allargare l’inquadratura fino alla punta delle scarpe.

6 – Gli occhi sono il focus di tutto. Sono loro che anticiperanno la nostra stretta di mano.

7 – Un modo divertente di osare inquadrature poco ortodosse sarà quello di giocare con le mani davanti al nostro viso.  Un saluto militare fuori ordinanza, un pollice alzato, una mano aperta  da cui far capolino… Sono infiniti i modi in cui le mani possono parlare per noi.

8 – Quasi dimenticavo l’abbigliamento. Va bene quello che ci rappresenta meglio, camicia, giacca, t–shirt… Evitiamo di vestirci di bianco per non rischiare l’effetto testa appoggiata ad un collo che fluttua nel vuoto.

9 – Si può giocare con accessori che sottolineino la nostra personalità. Occhiali da cecati o solo per far scena, perfino scuri o a specchio, indossati sulla punta del naso o appoggiati alle labbra… cappelli di ogni foggia, cravatte, foulard…

10 – Anche il nostro cane o il gatto potrebbero entrare con successo nell’inquadratura. Perfino il nostro pappagallo, il camaleonte di casa o l’allegro serpentello che ci aspetta sempre sul divano darebbero un tocco unico al nostro profilo.

L’obiettivo è quello di farsi ricordare, di legare la nostra faccia alla nostra attività in modo che l’espressione del nostro viso dica chi siamo e anticipi il nostro saluto cordiale.

IL NOME DELLA COSA

IL-NOME-DELLA-COSA_1000Come caspita si fa a trovare il nome giusto per un oggetto?
Un nome che sia facile da ricordare, facile da pronunciare, che ricordi immediatamente il suo contenuto, che sia simpatico, originale… Come si fa a trovare il nome che aiuti a vendere il prodotto che lo porta?

Dieci consigli utili:

1 – Facciamo una bella googlata per capire che razza di nomi hanno dato i nostri concorrenti a prodotti simili.
Perché se non è obbligatorio essere originali per forza, usare un nome già in uso oltre a crearci possibili guai non ci aiuterà di certo a vendere il nostro oggetto. La nostra ricerca ci aiuterà anche a scartare i nomi che già compongono un dominio nel web.

2 – Cercare, cercare, cercare… soprattutto intorno a noi, alla nostra azienda, alle persone con cui lavoriamo, ai luoghi che frequentiamo… ai materiali e alle tecniche produttive che usiamo… perché cercando nel nostro  mondo sarà molto più facile scegliere un nome che ci appartenga e che ci identifichi.

3 – Partire dalla forma dell’oggetto in questione o dal materiale con cui è fatto può aiutare ma più spesso ci porta a ripetere giochini già fatti.

4 – Inventare il nome di una cosa spesso significa costruire davvero una parola nuova. Potremo partire da una parola che ci ispira il nostro oggetto e giocarci sostituendo delle lettere, magari cambiando solo una vocale, passando per esempio da “carta” a “certa” o facendo altre sostituzioni, aggiunte…

5 – Attingere al vocabolario di una lingua straniera può aiutare. Facciamo attenzione al reale significato di quella parola e stiamo ugualmente attenti al significato che un termine italiano può avere nelle lingue dei paesi che compongono il nostro mercato. Al suono più o meno gradevole, ai possibili doppi sensi.

6 – Lo scopino per il bagno “merdolino” di Alessi ci ricorda che sorprendere e far sorridere è sempre una buona idea.

7 – Le sigle e i numeri sono decisamente impersonali e non solleticano particolarmente la fantasia e la memoria ma messi in contesti inusuali, come la moda per esempio, possono creare effetti interessanti. Il N. 5 di Chanel è un profumo che si ricorda a prescindere dal fatto che sostituisse il pigiama di M. M.

8 – Se non ci viene in mente niente… la letteratura, il cinema, l’arte sono pieni di immagini a cui far riferimento, di tecniche creative da imitare.

9 – Scriviamo un elenco dei nomi che ci vengono in mente e ad essi proviamo ad associare un carattere, immaginiamolo come un logo. Ripetiamo i nomi che ci sembrano funzionare meglio e ascoltiamo il loro suono. Chiediamo cosa ne pensano alle persone che ci circondano e di cui ci fidiamo. Alla fine toccherà a noi decidere ma sentire altri pareri ci aiuterà.

10 –  Inventare un metodo per cui i prodotti della nostra azienda nasceranno tutti dallo stesso processo può rafforzare l’identità aziendale. È necessario però che il meccanismo abbia in sé una certa quantità di imprevedibilità creativa. Chiamare tutti i nostri prodotti con nomi di fiori, o di animali, o di fiumi è un esercizio a cui ci siamo applicati tutti troppo spesso.

Leggi anche – IL NOME GIUSTO

DESIGN FEMMINILE e DESIGN MASCHILE

DESIGN-MASCHILE-E-FEMMINILETra poco è l’otto Marzo, la festa della donna e quindi anche delle designer, in vista di questa ricorrenza mi viene da chiedermi: esiste un design femminile e uno maschile?
È possibile distinguere facilmente le caratteristiche dell’uno e dell’altro?
Si attribuiscono in modo un po’ facilone al “design femminile” il calore, la morbidezza, la sinuosità delle linee curve, la giocosità, la ridondanza della decorazione. In contrapposizione si pensa al “design maschile” come a quello che propone oggetti spigolosi e freddi, dall’aspetto minimal, dalle superfici piatte e dai colori uniformi in cui la decorazione è bandita.
Ma è vero?!
Non lo so, credo convivano così tanto maschile e femminile in ciascuno di noi che penso sia difficile distinguere il genere della creatività.
Facciamo un esperimento, vi presento una sequenza di immagini, vediamo se riuscite a scoprire quanti uomini e quante donne stanno dietro a questi oggetti.

Qualcuno è troppo famoso, se sapete già chi l’ha disegnato passate oltre e giocate con quelli di cui non conoscete la provenienza.
Prendete nota se secondo voi l’ha disegnato un uomo o una donna e poi scorrete in fondo per vedere chi sono i progettisti.

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1 – WOOPY – Sinuosa poltrona in polietilene disegnata da Karim Rashid per B-Line.

2 – CUMANO – Tavolino pieghevole di Achille Castiglioni per Zanotta.

3 – FORMA – Grattugia scultorea creata da Zaha Hadid per Alessi.

4 – SENZAFINE – Collana in argento disegnata da Lella e Massimo Vignelli per San Lorenzo.

5 – MALLORCA – Ondeggiante servizio di piatti di Paola Navone per Crate and Barrel.

6 – ANNA G.Alessandro Mendini dedica il celebre cavatappi di Alessi ad Anna Gili stilizzando il volto della sua collaboratrice e musa ispiratrice.

7 – ZANT 03 – Poltroncina imbottita con struttura in frassino di Patricia Urquiola per Very Wood.

8 – IPANEMA with Philip Starck  – Sandali versatili dall’aspetto minimal disegnati come dice il nome da P.S. per Ipanema.

Quattro uomini, tre donne e una coppia di designer.
Sono curioso di scoprire quanti ne avete azzeccati!

 

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