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IL PROGETTO DELL’IDENTITÁ

Il-progetto-dell'identità
Ieri ho pubblicato la  frase che mario nanni (con le iniziali minuscole come piace a lui), il progettista, l’inventore di Viabizzuno, l’importante azienda di sistemi di illuminazione, ha posto all’inizio del mattone bianco che è il catalogo delle sue lampade.
È un bellissimo oggetto. Mi è capitato in mano e ha acceso una lampadina da qualche parte nella mia testa.
Non per la frase in sé:
– I progetti rendono gli oggetti eterni, le mode li corrompono, gli imbecilli li copiano e li vendono agli ignoranti e ai deficienti. –
La denuncia del furto come regola, di un processo che abbandona ogni consapevolezza e diventa biecamente commerciale.
Per l’uso forte, chiaro delle parole.
Per l’identità inequivocabile che trasmette.
Mi piace Viabizzuno e tutto quello che è, che fa mario nanni.
È come un segno nero sottile su una parete.
Ho scoperto la magia della luce il giorno che l’ho vista entrare di traverso da una piccola finestra in una stanza bianca. Quando ho iniziato a fare le prime foto, ai tempi della scuola, tanti anni fa.
Volevo solo dirvelo.
Ci scegliamo perché ci piacciono le stesse cose.
Lo stesso spirito con cui fare le cose, anche quelle più diverse.

È TORNATO IL PLISSÉ, facciamoci una casa!

 

È--tornato-il-plissè
Mille anni fa, tornavo da scuola e mi fermavo nel negozio dove mia zia faceva i pieghettati. Tessuti leggeri chiusi in stampi di cartone, pressati da pesanti ferri a vapore, da cui uscivano con le ali come farfalle.

Da un po’ il plissè è tornato e sta dilagando.
Gonne, camicette, abiti leggeri… e poi tende, lampade, tovaglie, sedie, divani, bicchieri, caffettiere, automobili, occhiali, spille, acconciature, scarpe, box, pareti, controsoffitti, aiuole… case!
Non c’è limite alle possibilità di piegare, stampare, plasmare sottili lastre, fatte di qualsiasi materiale, per trarne effetti geometrici e disegnare texture dagli infiniti effetti scultorei.

A proposito di plissè, esploriamo qualche nuovo sentiero creativo e immaginiamo variabili strane.

Verticale, orizzontale, obliquo…
La direzione della pieghettatura determina il gioco della luce, la rigidità o la morbidezza del materiale, l’uso meramente decorativo o la tenacia strutturale. Giriamo e rigiriamo, proviamo e vediamo.

Alto o basso?
Piegoline appena percettibili da dannarsi l’anima e faldoni a onde alte come cavalloni. Ombre fitte e grandi superfici oblique. Ritmi uniformi e variazioni sincopate.

Fori e tagli
Cosa meglio di un bello squarcio per disegnare il ritmo sincopato delle texture plissè? Fori di tutte le forme , tagli netti e sottili o grandi crateri slabbrati… niente meglio che infliggere sezioni per scoprire effetti inaspettati.

Piegare, arrotolare, deformare…
Le superfici pieghettate sono l’ideale campo d’applicazione  di forze deformanti.  Applichiamo  sui nostri plissè calibrate deformazioni geometriche  o accartocciamenti dagli effetti devastanti. Arrotoliamo, allunghiamo, comprimiamo… senza dimenticare mai che ogni plissè ha due assi su cui  oppone forze molto diverse.

Il plissé è interessante sia che facciamo abiti o divani, auto o case, stoviglie o innaffiatoi, packaging o allestimenti di negozi…
Inventiamo le nostre texture, scegliamo i materiali più appropriati o quelli più strani e poi sperimentiamo.
Plissettiamo un prato!

AUGURI!

AUGURI!

Quando le parole sono consumate non dicono più niente

SENZA REGOLE NON C’È PROGETTO

SENZA-REGOLE

La creativitá senza limiti è peggio di una prigione.

Senza paletti precisi si gira in tondo senza poter  prendere una direzione.
Quando lavoro ad un nuovo progetto, ad un nuovo prodotto, ad un catalogo, a un sito internet, a uno stand, o a una qualsiasi delle tante attività che investono la sfera creativa all’interno di un’impresa sono contento quando incontro un imprenditore capace di indicare i confini del progetto, che sa dare una forma al campo di gioco.

Ho bisogno di conoscere le tecnologie con cui costruisci i tuoi prodotti, funzionalità, dimensioni, materiali…  le caratteristiche principali del tuo mercato, chi sono i tuoi clienti, gli obiettivi che vuoi raggiungere.

Le tue indicazioni sono un faro per la mia creatività.

La creatività senza limiti è come un’azienda senza dirigenza, senza padroni.
Per questo prima di partire e dar la briglia all’immaginazione ti chiederò dove vuoi andare.

Mi racconterai  quello che hai in mente. Quello che ti piace e quello che proprio non digerisci.
Solo così, con i tuoi picchetti piantati a delimitare il campo e con i tuoi racconti che dipingono il nuovo orizzonte saprò dove andare a parare.

STAI SVILUPPANDO UN PROGETTO CREATIVO?
Parliamone e vediamo se c’è spazio per svilupparlo insieme.

10 FONT IRRINUNCIABILI

10-font-irrinunciabiliScrivere un testo qualsiasi e pensare di mostrarlo, in una pubblicazione digitale o cartacea non fa differenza, vuol dire pensare ad un carattere tipografico, ad un font che lo renda leggibile, gli dia letteralmente “carattere”. Un font che interpreti al meglio il messaggio contenuto nel testo.

Senza tanti preamboli vi mostro 10 font che mi piacciono, che per un motivo o per l’altro vale la pena usare.
Alla fine… sorpresa!

 


Irrinunciabile! Quello che risolve sempre tutto e non stanca mai. Dal bold all’ultralight per dare chiarezza, forza, eleganza e…


Ha fatto la storia della tipografia. Prendete un libro qualsiasi, novanta su cento è scritto in Garamond.


Modernissimo da sempre, ha una precisione geometrica che lo colloca tra i caratteri senza tempo.


Lo dice il suo nome, è il font perfetto per comporre i titoli, per alzare la voce… senza perdere il controllo!


Elegante, con una vena retrò, sfoggia le sue grazie appena accennate sugli schermi cinematografici di tutto il mondo dando forma ai titoli di tutti i film di Woody Allen. E se l’ha scelto lui…


Altro carattere che ha fatto la storia della tipografia, con quell’alternarsi di tratti sottili e segni più marcati non è il massimo della leggibilità ma come un profumo di classe si riconosce subito.


Un font che mi ricorda la vecchia macchina da scrivere di mio padre. I tasti rotondi, neri, lucidi con le lettere in bianco, il rumore secco di una fucilata ad ogni battuta, la carta quasi bucata dai martelletti trattiene quel poco di inchiostro che arriva dai caratteri metallici consumati…


Ha un grande successo sul web, soprattutto sui social.  Dal sapore vagamente Hipster, mi piace nella sua versione light. Esistono solo i caratteri maiuscoli.


Il font della mia giovinezza! Adesso lo guardo con qualche perplessità e con indulgente malinconia. Ricorda i trasferibili della Letraset o quelli più economici della R41. Quando comporre un volantino decente era un lavoraccio! Trasferibili??? Beati voi se non sapete cosa sono!


Uno dei migliori font “script”. Attenzione: da usare esclusivamente nella versione minuscola. Come tutti i font decorativi e simili  meglio usarli con attenzione e parsimonia.

La sorpresa?
Facciamoci un font tutto nostro? Con la nostra scrittura, così da scrivere al computer esattamente come quando scriviamo a mano con la vecchia stilografica del nonno?
Presto fatto! Andiamo al link qui sotto, seguiamo le semplici istruzioni e in un amen avremo installato il nostro personalissimo font.

www.yourfonts.com

IL LOGO DELLO STAND

LOGO-E-VISIBILITA

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Qualsiasi sia la nostra attività e qualsiasi sia la Fiera non c’è dubbio che una delle questioni principali sia la visibilità . È indispensabile farsi riconoscere e mostrarsi con un’immagine efficace.
Tra tutti gli elementi che concorrono a renderci visibili e riconoscibili, colori, luci, immagini, etc…  il logo è sicuramente l’elemento più importante.
Nella maggior parte delle situazioni  le pareti del nostro stand sono le superfici su cui il nostro logo dovrà essere impaginato. In alcuni casi il nostro logo sarà sceso dalle pareti e sarà diventato tridimensionale, una scultura appoggiata al pavimento e galleggiante nello spazio appena sopra le teste dei visitatori.
In ogni caso varrà la pena tener conto di alcune cose fondamentali:

– Il Logo della nostra azienda è l’elemento più importante dello stand, assicuriamoci che sia visibile. Verifichiamo i flussi di traffico e disponiamolo in modo che sia ben in vista.

– Se abbiamo più di un lato esposto al pubblico valutiamo se non sia il caso di esporre il nostro logo su tutte le pareti visibili.

– La dimensione e la posizione sono scelte decisive. Dovrà essere ben leggibile già da una decina di metri e rimanere visibile anche quando il visitatore gli sarà proprio sotto. Quindi niente grafiche enormi ma soprattutto niente targhette da condominio. Infine disponiamolo ad un’altezza in cui si potrà vedere da qualsiasi distanza. L’altezza giusta è a circa 2 metri, 2 metri e mezzo da terra, abbastanza basso da poter essere letto anche da chi sta entrando nello stand ma abbastanza alto da svettare sulle teste della folla.

– Illuminiamolo come si deve!
A me piace trattarlo come fosse un attore su di un palcoscenico. Un bel occhio di bue che lo lava di tre quarti disegnando un’ellisse appena sfumata.
Ma perché non chiuderlo in una scatola luminosa e retroilluminarlo o addirittura perché non disegnarlo con la luce?

– Eliminiamo elementi che disturbino o confondano la sua percezione. Scritte, grafiche, colori che anziché porlo in evidenza lo mimetizzano. Costruiamo il suo palcoscenico sapendo che è l’attore principale al pari dei nostri prodotti… se non di più.

– Inserirlo in una grande immagine potrebbe essere la scelta giusta. È perfetta quando si riproduce sulla parete l’importante immagine della campagna pubblicitaria in corso. Anche in questo caso valgono le regole di visibilità.

Solo qualche regola per usare bene e mettere in evidenza l’insegna della nostra attività, la nostra bandiera.

Ci vediamo in Fiera!
In tante Fiere!

UN ALBERO DI LUCE, L’ALBERO DI NATALE

lalbero-di-nataleC’è un Albero di Luce dalle mie parti che si accende il giorno dell’Immacolata e si spegne subito dopo l’Epifania. È lì pronto ad accendersi ogni anno da tanti anni e ogni volta è una magia.
È un albero qualsiasi, non so bene, non distinguo un baobab da una palma, forse è un platano o un olmo o un altro albero come tanti latifoglie. È un albero che d’estate non riconosco pur passandoci davanti tante volte.
Adesso è uno scheletro nero nel cortile di una fabbrica spesso maleodorante. Se ne sta quasi sul bordo della 246, una delle strade statali più trafficate del nord–est, avvolto dalla nebbia e dal gelo.
Di giorno non lo vede nessuno e chi lo vede non lo guarda.
Appena diventa buio si accende la sua poesia.

È un albero di Natale senza le caratteristiche tipiche dell’albero di Natale. Non è un abete, non ha decorazioni e palle colorate, punte luccicanti o festoni argentati.  A guardarlo di giorno non ha proprio niente. Di notte quando accende le sue piccolissime luci bianche che disegnano anche gli ultimi rami diventa un albero di luce e non c’è albero che più di lui dia il senso del Natale.
È proprio l’albero di Natale più albero di Natale che abbia mai visto.
È semplice, è grande, è luminoso, è inaspettato, è emozionante…  rinnega tutte le tradizioni ma è diventato un pezzo della tradizione del Natale della valle dove vivo.

Auguro a chi ci passa davanti tutti i giorni, tutte le sere, di lasciarsi emozionare, di farsi ispirare per i progetti creativi dei prossimi anni.

Auguro a tutti di passare a darci un’occhiata e di realizzare nel prossimo anno progetti densi della stessa semplicità di quest’albero di Natale, idee così grandi ed immediate capaci di emozionare.

Auguri!

NB – L’immagine in alto è un brutto negativo dell’Albero di Luce.
Non ho voluto annullare la sua poesia tentando di ricrearla in un’immagine che, per quanto bella, non ci sarebbe mai riuscita.

Una parola magica: NUOVO.

NUOVO_2NUOVO era una bellissima rivista di pubblicità stampata tra gli anni ’70’ e ’80. Giustamente l’editore aveva innalzato questa parola a totem, insegna di un intero settore. Nuovo è  un aggettivo che si appioppa a ogni oggetto di design e sicuramente una delle parole più usate nel marketing. Quando un’azienda passa di mano alle nuove generazioni spesso non si trova niente di meglio che aggiungere al vecchio nome questo aggettivo palingenico (che fa nascere di nuovo). Qualche volta ciò che viene bollato come nuovo, nel marketing, nel design, nella comunicazione televisiva, al cinema, nella moda e un po’ dappertutto di nuovo non ha proprio nulla. Ma c’è di peggio! Anche quando la creatività partorisce un’idea davvero innovativa non sempre questa viene usata bene e avvantaggia l’azienda che  ha speso tempo e soldi per darle vita. Spesso il NUOVO ha poco a che fare con l’identità aziendale, con il pubblico che ha fatto la fortuna di quell’azienda. E’ nuovo e tanto basta! Uno specchietto per le allodole. La magica novità non produce sempre gli agognati risultati sui fatturati. C’è da dire che questo effetto di abbagliamento, di ricerca compulsiva del nuovo design, del nuovo packaging, della nuova grafica, di una nuova idea è spesso appannaggio di aziende piccole e sprovvedute che accecate dal luccichio della novità si dimenticano di tenere ben saldo il timone sulla rotta prefissata  e segnata dalle stelle dei principi qualificanti della propria identità, dai suoi valori, dalle parole chiave che le danno significato. Non è facile definire l’ambito in cui sciogliere le briglie alla fantasia perchè il risultato alla fine esalti e valorizzi il proprio marchio. Meglio farsi aiutare da chi è abituato a gestire la propria creatività verso obiettivi precisi. Non sempre NUOVO è bello e utile.

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