fbpx

Articoli

Il sapore dei caratteri

caratteri-da-assaggiare_634

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

I caratteri tipografici hanno proprio del carattere, così che a ciascuno di noi ne piacciono alcuni e altri no.
Succede come con le persone. Ci si sta simpatici o antipatici a pelle, ci si innamora e ci si odia.
Oppure come per i cibi, chi ama la polenta col brasato e chi solo cruditè, così per i font (dal latino fondere – fondere i caratteri in piombo come succedeva con la linotype solo fino a una trentina d’anni fa) i caratteri appunto, a chi piacciono belli grassottelli  e a chi smilzi, chi ama font eterei e aggraziati e chi tosti e tutti spigolosi, a chi dritti e puliti e a chi ondivaghi e arzigogolati.
Tutto ciò a prescindere dal fatto che se ne abbia più o meno confidenza, che si faccia il grafico di professione  o che tocchi scegliere il carattere solo una volta nella vita per scrivere le partecipazioni di nozze, o ancora, come accade sempre più spesso per mille inviti, seri e goliardici, per scritte da apporre in ogni dove, da – SIETE TUTTI INVITATI ALLA MIA FESTA DI COMPLEANNO … – a – PARCHEGGIO RISERVATO AI RESIDENTI – e poi non parliamo del milione e mezzo di scritte che ogni azienda, dotata o meno del professionista di turno o dell’anima pia piena di buona volontà, tocca mettere su Facebook, su Instagram e Pinterest, sul maxiposter… eccetera… eccetera…  e…
Sarah Hyndman ha scritto un libro  – The type taster  –  in cui pubblica i risultati dei suoi esperimenti su come l’identificare una persona, un cibo o altro con un carattere tipografico muti l’approccio a quella persona o a quel cibo e come, in fin dei conti, il font rappresenti in modo simbolico le qualità di quella persona o di quel cibo.
In uno di questi esperimenti venivano date da mangiare delle lettere commestibili e si valutava come venisse percepito diversamente il gusto al cambiare del carattere con cui era composta la lettera.
In un altro esperimento durante un evento di speedy dating  ai partecipanti veniva chiesto di scegliere un carattere che li rappresentasse e si vedeva poi quali tipologie di caratteri/persone si attraessero.
Bello no!

La Hyndman era felice di notare quanto interesse ci fosse per questo tema da parte dei non addetti ai lavori, tanto da cambiare la percezione della tipografia, ora non più…“la meno attraente tra le discipline grafiche”.

Una nota personale, io sono grato a Jonathan Ive, “deus ex machina”  di Apple per aver scelto l’Helvetica Neue, il font più elegante, leggero ed esile  che esista,  per identificare iPhone  e farsi imitare da un milione di grafici rendendo così  più bello il mondo. Amo la sua versione ultra light quasi illeggibile e spesso pure difficile da stampare con quei fili sottili come capelli biondi.
Ecco se dovessi decidere di farmi rappresentare da un font sceglierei proprio l’Helvetica Neue, accostando bold e ultralight… forza, decisione e leggibilità uniti alla leggerezza impalpabile di un respiro.
Il gioco funziona anche con tanti altri caratteri.

E  tu? Di che font sei?

Leggi anche – “Helvetica Neue, il nuovo font di iphone”

Ispirazione. Cos’è? Cosa c’entra con il design?

ISPIRAZIONE_634

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ispirazione roba strana. Da poeti ottocenteschi con la tisi.
Ma da dove viene la mia ispirazione?
Le cose che disegno, siano gioielli, sedie, bricchi d’argento o flaconi spray, vengono dalle mie mani e dalla pancia, qualche volta vengono dalla pioggia, dal fuoco e dal vento.
Se immagino una nuova seggiola, un tavolo, una lampada o una borsa insolita, l’odore dei materiali, la consistenza delle loro superfici, sia cuoio, ferro o legno, si mescolano con l’umore della giornata, il suono e le parole di una canzone, il riflesso di uno specchio, l’immagine di una donna… e poi negli oggetti che ho intorno, qualcuno perfetto, come un puntapanni di legno, una forbice, un rotolo di nastro adesivo…
Ma lo sapete quanti tipi di forbici esistono? Decine e decine di forme per compiere lo stesso gesto su materiali e in modi diversi.
Accorgersi che sarebbe possibile trasformare una forbice per farle tagliare in un modo diverso  un qualche nuovo materiale… è ispirazione.
Il mio è un lavoro che non ha pause, non finisce la sera alle otto, quell’immagine perfetta può presentarsi in qualunque momento.
Qualcuno la chiama ispirazione e ne ha un’idea strana. Quella di un personaggio perso con la testa tra le nuvole che aspetta la rivelazione… Cazzate!!!
Sì, qualche volta sembra avvenga così ma vi giuro che se non state almeno otto ore al giorno a disegnare, cercare, costruire, modellare, provare, scartabellare, discutere… inutile sperare, non vi apparirà nulla.
Bisogna accumulare, accumulare e accumulare informazioni, immagini, sensazioni e informazioni tecniche, sperimentare forme e gesti, scoprire e capire le forme delle cose che assomigliano all’idea dell’oggetto che vorremmo creare. Andare a guardare cosa hanno fatto quelli bravi, quei designer, quegli architetti che amiamo da sempre, gente che è stata capace di dare forma a dei mondi. Padri che ci sono capitati  addosso e altri che ci siamo scelti.
Per quel che mi riguarda, Carlo Scarpa, come ogni architetto veneto che si rispetti. Un mago della materia, delle forme, della poesia della natura, un artigiano colto. Rituale, ogni anno, la visita alla tomba Brion e alla sua. Poi Aldo Rossi, mio professore negli ultimi esami di composizione architettonica che mi hanno accompagnato alla laurea. Un padre scelto per il suo insegnamento rigoroso e la capacità di indicare le strade della trasgressione. Ho amato alla follia i suoi disegni, i suoi plastici, la sacralità del suo studio a Milano vicino alla torre Velasca. La caffettiera Conica resta il mio fermacarte preferito.
Ecco! Un grande a cui ho avuto la fortuna di stare vicino. Un Pritzker Prize (l’oscar dell’architettura) morto troppo presto, quando avrebbe potuto darci ancora così tanto.
Design ricerca e ispirazione per me sono fatti anche di questo, di gente che ha lasciato un segno, perché incontrata davvero o incontrata sui libri o nelle cose che hanno fatto.
Poi si cancella tutto e resta quel che resta, roba solo mia.
Un segno, un ricordo, la forza di uno scarabocchio, la lucentezza di una superficie, la trasgressione di un taglio, la banalità di una simmetria.
Piccoli segni e progetti che si accumulano e diventano la caratteristica di uno stile, il segno di una personalità.
Metto a disposizione tutto questo mondo a chi voglia fare ricerca e sviluppare idee. Decenni a cercare di capire cos’è bello e cos’è brutto, cosa funziona e cosa no, le cose che mi piacciono e quelle che non sopporto  e soprattutto perché. Un modo di mettermi ad ascoltare le necessità, i sogni, le ambizioni, i progetti, farli miei e sapere dove andare a far nascere l’ispirazione.
Alla fine, mescolando tutto, l’esperienza e la sensibilità di artigiani e imprenditori con le mia storia creativa, mettendo insieme la mia e la loro ispirazione, dopo un bel match di solito vengono fuori idee interessanti.
Cose che funzionano davvero.

Nell’immagine  –  anello Crumple – Paolo Marangon design for NANIS
(la sinuosità e la sensualità delle curve – l’archetipo femminile)

Guarda CRUMPLE RING

Eclettico, versatile, curioso… elettrico!

 

ECLETTISMO_634

 

Quando penso alla parola eclettico mi saltano subito alla mente due nomi: Sister Act e Leonardo Da Vinci. Forse è difficile individuare due personaggi più distanti l’uno dall’altro quanto la vulcanica finta suora interpretata da Whoopi Goldberg ed il genio rinascimentale dell’autore della Gioconda, ma è proprio l’aggettivo eclettico ad unirli in una (insolita) libera associazione. In una scena di Sister Act 2 infatti Sister Act, alla prese con una classe di adolescenti ribelli definisce così uno dei ragazzi, che però non conosce la parola. Un altro cerca di spiegargliela con sufficienza, ma viene subito deriso dal gruppo, perchè ne ha confuso il significato con quello di “elettrico”. E mi ha sempre fatto sorridere questo piccolo brano, perché l’eclettismo in effetti è davvero elettrico; è qualcosa che ti dà la scossa, che trasmette un sacco di energia.

A proposito di energia, nonostante i secoli che ci separano, pochi personaggi storici riescono a trasmettermi la stessa infaticabile energia creativa e quasi demiurgica del genio versatile ed eclettico di Leonardo Da Vinci: pittore, scultore, ingegnere, esoterista e molto altro.

Mai come oggi è stato necessario essere versatili ed elastici, apprendere costantemente nuove tecniche e tecnologie (software di disegno, strumenti hardware e software eccetera). Servono nuovi linguaggi di comunicazione sul web, nuove forme espressive in grado di catturare l’attenzione del nostro pubblico distinguendosi nel rumore bianco del costante iperflusso di informazioni che ci bombarda incessantemente.

A chi si occupa di comunicazione non è più concessa la specializzazione professionale: a tutti è richiesto di sapere un po’ di tutto, bene o così così non ha davvero troppa importanza, basta che costi il giusto e sia… subito!

L’eclettismo è una cosa meravigliosa: per un direttore creativo è fondamentale, perchè ci consente di tenere sotto controllo tutti gli aspetti della comunicazione, nessuno escluso, e di valutare se e quando avvalersi di un professionista specializzato, e quali indicazioni fornirgli per guidarne il lavoro.

Penso alla direzione artistica di un servizio fotografico, solo per fare un esempio. Avere nozioni di fotografia, di illuminazione, di composizione dell’immagine mi permette di guidare meglio il fotografo nella realizzazione del tipo di immagine che ho in mente. Sapere quale testo accompagnerà l’immagine, in quale layout grafico verrà inserita, che sia un catalogo o un poster nello stand fieristico mi aiuta a scegliere il cosiddetto mood, l’atmosfera degli scatti.

Eclettismo non significa tuttologia, ma versatilità. Io sono innamorato del cinema, mi interessano la fotografia, la scrittura, la moda, la letteratura, l’architettura “classica” (gli architetti di una volta progettavano case, no?) il design industriale, la gioielleria, il social media marketing, il packaging design, la pop art ed il barocco, le brocche ed i ritratti, l’action painting e un sacco di altre cose e correnti ed idee che forse ancora non ho scoperto.

Non significa affatto che io sappia fare tutto, o che lo sappia fare in modo sempre e comunque eccellente, ma possedere una mente eclettica, curiosa e sempre assetata di nuovi stimoli è una risorsa fondamentale per il mio lavoro di designer, ma anche quando nel (pochissimo) tempo libero mi dedico a ciò che mi appassiona di più, ovvero l’arte.

E in questo periodo, oltre a tutto il lavoro di consulenza e progettazione per i miei clienti, l’arte sta riprendendo il posto che le spetta nella mia vita, contaminando tutto il resto in modi che spesso sorprendono (positivamente) me e soprattutto i miei committenti.

Nuovi progetti stanno nascendo, e crescono rapidamente.
Sono eclettico, e sono elettrico. È una bella sensazione.

10 piccoli regali

10-PICCOLI-REGALI-DI-NATALE_A_634

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Manca un mese a Natale e vi propongo 10 piccoli regali.
Cose che costano davvero poco, nessuna supera i 50 euro e per lo più costano molto meno.
Piccoli regali, magari gadget aziendali, pensierini allegri e curiosi.
Questi piccoli oggetti d’uso comune però hanno tutti una peculiarità, mostrano in modo evidente la scintilla da cui sono nati, l’idea che ne ha fatto degli oggetti interessanti, diversi, facili da comunicare e da proporre. Dieci oggetti che dimostrano come sia importante il progetto del prodotto.
1 – ONION GOGGLES –  € 22,95
Gli occhiali per le cipolle.
Può sembrare una scemenza solo a chi non ha mai fatto il soffritto.
ideeregaloblog.it

2 – LUCETTA  € 25,00 
Meglio non pedalare a fari spenti nella notte!
Una luce bianca e una rossa, led calamitati da attaccare alla bicicletta.
Parcheggiata la due ruote si staccano, si riattaccano tra loro a formare un piccolo cilindro liscio e si mettono in tasca.
palomarweb.com

3 – SUN JAR  € 25
Una lampada racchiusa in un vaso da conserve.
SUN JAR durante il giorno cattura l’energia solare e al calar della notte, come la luna, il barattolo sprigiona una luce soft rilassante, gialla, blu o rosa.
Bellissimi da abbandonare nel prato davanti casa o sul davanzale.
www.suck.uk.com

4 – CONCEAL  € 13
La mensola invisibile, un trucco semplice per illudere che i libri se ne stiano sospesi nel nulla.
designxtutti.com

5 – ARROW  49 €
Appendiabito a forma di freccia con tre ganci per appendere il cappotto, la sciarpa ma anche la bicicletta.
Chiuso diventa un segno grafico che se moltiplicato può decorare e riempire di significati la parete anonima del corridoio.
madeindesign.it

6 – PORTA MONETE  10 €
Triangolare, lucidissimo e colorato.
wearunique.com

7 – WIRE PLUS  –  6 €
Un segno colorato per tenere in ordine le cuffiette senza che i fili si aggroviglino.
nottheusual.co.uk

8 – VERSODIVERSO di Viceversa  € 9,50
Un becco da avvitare alle bottiglie di plastica per trasformarle in innaffiatoio.
kikaustore.it

9 – APOSTROPHE  € 19.00
Lo sbuccia arance per realizzare decorazioni. Indispensabile per il food design.
Bellissimo in sé e per sé! Lo userei come fermacarte.
store.alessi.com

10 – DUE PAROLE  € 00.00
Due o mille, non costano nulla, ma trasformano tutti questi piccoli regali in qualcosa di importante!

Per gli auguri ci sentiamo tra un mese!

 

TI SERVE UN’IDEA INNOVATIVA?
TROVIAMOLA INSIEME!

CONTATTAMI

335 496048
hello@paolomarangon.it

DIECI REGALI DESIGN

dieci-regali-design_634

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Dieci oggetti divertenti, ultranoti, davvero belli da regalare in qualsiasi occasione per farsi ricordare, se poi a qualcuno previdente viene in mente che fra tre mesi è natale!

ECCO DIECI REGALI DESIGN:

– LUCELLINO TISCH  – Ingo Maurer
Un filo esile, una normalissima lampadina e le alucce di un uccellino messe insieme dal guru delle lampade Ingo Maurer.

– JUICY – Philip Stark per Alessi
Lo spremiagrumi scultura che ha reso famoso l’archistar francese – un bellissimo oggetto.

– CUBO – Bruno Munari per Danese Milano
Un posacenere non sarà proprio corretto, bon ton, come regalo, ma Munari ha disegnato un cubo semplicissimo… soprattutto da pulire.

– CUBOLED – F. Bettonica e M. Melocchi per Cini&Nils
La lampada da comodino perfetta, si alza il coperchio si accende, si chiude, si spegne.

 TOLOMEO  Michele De Lucchi per  Artemide
Lampada da scrivania in alluminio molto tech.

– ANNA G. – A. Mendini per Alessi
Cavatappi  antropomorfo molto simpatico, dal fondatore di Menphis.

– LOVELY RITA – Ron Arad per Kartell
Libreria scultura capace di cambiare ogni ambiente.

–  SERVO MUTO – Achille Castiglioni per Zanotta
Tavolino, svuota tasche, comodino, tutto quello che si vuole, servo muto appunto!

– LAMPADINA – Achille Castiglioni per Flos
Una lampadina a incandescenza bella grande con satinata una papalina e cpme base la bobina di un 16 mm. Il cinema che illumina?!

– TOAST – Gae Aulenti per Trabo
Tostapane dalla forma allungata e dalla scritta inequivocabile!

–  THE END – Maurizio Cattelan e Pierpaolo Ferrari per Gufram
Per finire! Così come pensava di finire la propria attività GUFRAM… ma poi…

 

 

CREATIVITA’ E PERFEZIONISMO PATOLOGICO

PERFETTO_634

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Il perfezionismo patologico puó essere il peggiore dei mali per un creativo. Blocca, ingessa, distrugge.

Chiunque produca qualcosa di creativo, nel lavoro delle imprese, nell’artigianato, nel lavoro dei campi o in officina, preparando cibi speciali, vini naturali e abiti splendidi o solo divertenti e ancor di più chi fa della creatività tout court il suo lavoro, tutti sappiamo che spaccare il capello in quattro è da stupidi!
Non che fare le cose per bene sia sbagliato. Anzi! In mezzo ad un mare di pressappochismo un po’ di determinazione a cercare il risultato migliore possibile fa la differenza.
Ma appunto, fare il meglio possibile.
Non inseguire la perfezione assoluta.
Se sto disegnando una sedia é normale che sotto sotto ho voglia di disegnare la sedia più bella del mondo, quella più semplice da costruire, che costi niente e sembri fatta d’oro. Sciocchezze!
Mi scorrono davanti tutte le sedie piú belle del mondo: la Superleggera di Ponti, la Plia di Piretti, quelle della Castelli per Kartel, e via così passando per Stam, Breuer, Mies, Le Corbusier, Rietveld…
Per fortuna non mi capita più di imbambolarmi a pensare a tutte le meraviglie inarrivabili del design del novecento. Sono guarito dal perfezionismo patologico. Forse è normale lasciarsi intrappolare a vent’anni ma poi passa.
La fregatura più grossa è aver sempre paura di sbagliare visto che senza sbagliare non si fa un passo oltre il proprio naso e non si produce niente di nuovo.
Il tempo è la medicina contro il perfezionismo patologico.
Tempo per fare esperienza, per crescere, per conoscersi, per limitare la presunzione.
Il Tempo che pone il limite da rispettare oltre il quale non si può andare.
Il toccasana per la creativitá sono i tempi ben definiti, le scadenze, i clienti incalzanti che definiscono i limiti.
Troppo spesso il meglio é nemico del bene! Senza porsi limiti di tempo si finisce per pretendere di far sempre meglio e non si fa mai niente.
La creativitá ha bisogno di scadenze precise, di lavoro notturno, se necessario di ansia. La creatività ha bisogno di esercizi conclusi, di opere finite, abbandonate al giudizio del pubblico per andare oltre e ricominciare con qualcosa di nuovo.

10 IDEE PER ARREDARE

ideone_634_B

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

10 idee per comporre lo spazio in cui ci muoviamo (per arredare casa, ufficio, negozio, show-room, stand, albergo, bar, ristorante…) senza ripetere continuamente la stessa orribile cosa.

Ideona uno – Andiamo da un professionista serio! No, ok, scherzavo… iniziamo davvero adesso…

1    Vietato appoggiare i mobili ai muri. Devono stare ben in mezzo alle stanze.

2    Ruotiamo ogni cosa evitando ogni possibile  ortogonalità.

3    Vietata ogni simmetria!

4    Decontestualizziamo! Parolaccia! La libreria va in cucina e il letto in soggiorno vicino al forno, se il bagno è grande potremmo metterci un tavolo per 12, tipo “La Grande Bouffe”. 

5    Coloriamo! Una stanza tutta rossa e una tutta nera. Una verde e l’altra blu. E quando ci gira mescoliamo tutto!

6    Usiamo una gran quantità di specchi, roba da sembrare al lunapark. Ma può essere la cosa più seria del mondo!

7    Illuminiamo in modo creativo, troppo e troppo poco. Finestre immense e feritoie da vedetta. Chiarori lattei e lame taglienti. Letti e tavoli bianchi dentro stanze buie squarciati da fendenti di sole. Specchi, acqua, riflessi in continuo movimento. Schermi tv b/n abbandonati per caso in corridoio.

8    Decontestualizziamo di nuovo! Rubiamo panchine semidustrutte e iper-graffite dai giardini pubblici e mettiamole nella nostra sala d’attesa da avvocati penalisti. Asfaltiamo lo studio! Tiriamo righe bianche che ci aiutino ad attraversare il soggiorno. Freghiamoci una fontanella di ghisa finto ‘800 della Neri da infilare in un angolo della cucina hi-tec.

9    Compriamo 100 o 200 tavolini LACK da 5 euro All’IKEA. Dieci o venti per ogni colore e componiamo tutto quello che ci viene, scaffalature immense, tavoli, sedute, letti, banconi, trincee, passerelle, espositori, lampade…

10   Seguiamo pari pari i consigli dell’architetto pubblicati su BravaCasa di ottobre 1962 o di aprile ’84. bisogna cercare i pezzi originali e fare una stanza anni ’30 e una tutte plastiche, l’altra marmi e legni, una decò e l’altra post-modern, un’altra…

Ovviamente è necessario seguire le 10 idee alla lettera perché funzionino. Meglio se tutte assieme.

In caso di contrarietà o dubbi chiamare per una consulenza gratuita.

Si vende che è una bellezza

BELLEZZA_634_C

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Un prodotto curato, ben vestito si vende che è una bellezza!
Tutti abbiamo qualcosa da vendere tutti i giorni. Se siamo aziende produttrici le nostre merci ai negozi, se siamo negozianti una certa gamma di prodotti, se siamo artigiani la nostra manualità e la nostra esperienza, servizi se offriamo servizi, se siamo professionisti le nostre competenze.
Tutti vendiamo noi stessi.

E la mattina prima di uscire di casa tutti ci diamo un’occhiata allo specchio per garantirci che la nostra immagine corrisponda a quello che vorremmo comunicare di noi, da Miss Mondo al Gobbo di Notre Dame funziona più o meno così per tutti.
A parità di prezzo e con le stesse qualità intrinseche, gli oggetti, i servizi, e le professionalità che si offrono in modo più curato o mostrando un’immagine più appropriata vendono molto di più.
Direte che è ovvio.
Mica vero!
Basta fare un giro tra le bancarelle del mercato per rendersi conto che questa consapevolezza non appartiene a tutti. Basta guardare le vetrine dei negozi, alcune curate in modo perfetto in cui il prodotto balza letteralmente fuori, altre disastrate che se non ci fossero sarebbe meglio.
Basta navigare tra i siti internet delle aziende per vederne di cotte e di crude. Tra i tantissimi siti ben fatti, aggiornati, dalle splendide immagini e dai contenuti allettanti, si incontrano reperti archeologici e grafiche traballanti, testi scritti come pensierini delle elementari ma con paroloni altisonanti, immagini come santini sbiaditi.
I prodotti poi sono vestiti in tutti i modi. Ci sono oggetti che vengono proposti in confezioni meravigliose e altri, della stessa categoria, che vengono buttati sul banco nudi e crudi, semiagonizzanti. 
Sappiamo tutti quanto sia importante un packaging appropriato, accattivante, che qualche volta addirittura ci sorprenda per l’invenzione, la grafica, i materiali inusuali, scatole, carte, shopper, etichette, foglietti delle garanzie con le istruzioni, nastri, velluti e rasi, cartoni speciali e plastiche stampate, estruse o soffiate.
Un bel packaging fa metà della vendita, conferma, esalta o distrugge le qualità dell’oggetto che contiene.
Così per l’immagine delle aziende.
Investire in design e comunicazione paga. E’ l’essenza dell’azienda se diamo per scontate le caratteristiche qualitative dei servizi e dei prodotti che si offrono.
Un prodotto funzionale, progettato bene, ricco di contenuti innovativi, dalle innegabili qualità estetiche si vende che è una bellezza! Se poi lo si comunica con cura, con testi e immagini appropriate vestendolo con un packaging che ne enfatizza il fascino ed infine esponendolo in uno spazio corretto e con la giusta luce, il gioco è fatto!
Meglio una cosa utile e bella che una inutile e brutta, diceva un noto personaggio televisivo di qualche anno fa.
Ovvio! Ma mica tanto!

 

QUESTIONE DI STILE

questioni-di-stile_634

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Progettare un oggetto con una propria personalità è una questione di stile.
Cosa sará mai questo stile?! Lo stile é fatto di segni riconoscibili, di colori, di forme, di un insieme di simboli che appartengono ad un gruppo sociale, ad un territorio ad un certo periodo storico.
Barocco, Gotico, Rococó, Luigi XVI, Impero, Liberty, Biedermeier, Decó, Moderno, Pop, e poi chi piú ne ha piú ne metta, tutta questione di stile!
Non é architettura, non arte, neanche arredamento o design, non sono accessori o moda. Sono tutte queste cose messe insieme che in un certo momento assumono certe forme, una certa decorazione o nessuna decorazione, certi colori e certi materiali, un vento colorato gonfio di un profumo preciso che sparge ovunque certi segni riconoscibili.
Come sarebbe bello, tranquillizzante, semplice avere uno stile a cui attingere per disegnare case, divani, piatti, sedie, scarpe, abiti, gioielli, pettinature.
Ma ce l’abbiamo! La moda, no?!!! Ecco! Tutto quello che abbiamo é un venticello che ad ogni stagione cambia direzione, colore, forma.
Valori: zero!
Forme persistenti: zero!
Decorazioni condivise e riconoscibili: zero!
Il nostro stile é quello liquido e coloratissimo in cui tutto e il contrario di tutto vanno sempre benissimo!
Tutti possono inventarsi uno stile.
Renderlo esclusivo, personalissimo e affermarlo facendo spuntare ovunque imitatori. Basta crearsi delle forme, assumere dei colori, sposare un certo sapore, restare fedeli ad un mix preciso di segni che ci siamo scelti.

Ci vuole un progetto! Mai come in questi tempi liquidi vale la pena cercare di averne uno.

Rubare una copia sbagliata di una poltrona barocca e coprirla con una texture colorata presa da un paesaggio di Seurat, o con le geometrie di Mondrian.
Trasformare un orecchino Decò in un oggetto hi-tec o in un monocromo pop.
Fingere un’antica scrittura mesopotamica per decorare il piano di un tavolo.

Contaminazione! Questo è lo stile del nostro tempo.

Ci vuole cultura, coraggio, creatività, per mescolare il sacro con il profano, sensibilità lontane secoli e migliaia di chilometri. E’ una questione di stile nuova, che torna a investire i modi di vivere, uno stile fatto da un’infinità di microcosmi che si incontrano, si scambiano informazioni, si fondono dando vita a nuove filosofie, nuovi cibi, nuove sensibilità, creando oggetti mai visti prima.
Siamo un po’ allo sbando, persi in una fantastica discarica di tesori in disuso, un immenso patchwork in cui è impossibile individuare uno stile con le vecchie caratteristiche che ogni stile ha sempre avuto prima.
In questo oceano ondoso ogni azienda ha la necessità di mostrare un proprio stile, la forza di distinguersi nel grande patchwork, come una pezza un po’ più grande, o più colorata, o fatta di un materiale strano, o lucida, magari dalla superficie ispida, o con una forma diversa da tutte le altre. 
E’ molto più di una questione di stile!

Nell’immagine – Poltrona Proust di Alessandro Mendini: riedizione Geometrica.

Uno Stand fantastico a VicenzaOro

stand-magico-634

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Stand fantastico della Buendia Jewels nell’angolo a destra appena dentro VicenzaOro.
Alto, altissimo, trasparente, luminoso con personalissime grafiche psichedeliche.
Un’impalpabile evanescente cascata di tulle bianco punteggiata dai led.
Il logo volava alto. Lettere di sottili neon rossi.
Il sistema espositivo digitale e quattro stampanti 3d trasformavano le immagini in gioielli dorati da regalare al pubblico accalcato.
La vecchia receptionist dai paramenti turchesi seduta al centro sotto il faro pulsante riceveva uno ad uno gli uomini e le donne in fila.
Una figura corpulenta, coperta da un velo rosso, con un cenno della mano, ruotando solo leggermente il polso, ammetteva il primo al cospetto della vecchia e subito dopo con un gesto più deciso fermava quello che seguiva.
La signora in abiti di scena turchesi parlottava due minuti con ogni astante, sembrava fissare appuntamenti, scriveva un appunto, compilava una cedola che staccava e consegnava ai suoi interlocutori trattenendone la ricevuta. La dea bendata distribuiva i numeri della lotteria.
Impossibile non accorgersi della fila lunga fino ai tornelli d’ingresso che rallentava tutto il giorno l’accesso alla fiera.
Ho scattato cinquanta, cento foto col mio vecchio iphone imballato ma una volta arrivato a casa c’erano macchie e basta.
Sensori di disturbo? Troppi spritz?!
Che stand fantastico però!

Morale:
Uno stand fantastico può diventare realtà.
Dovrebbe essere la realtà di tutte le nostre presenze in qualsiasi fiera
Sia che creiamo gioielli, scarpe, arredi, abiti o qualsiasi altra cosa.
Perchè la personalità delle tua azienda non ha la forma di una scatoletta!

× Contattami