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LA MEMORIA DELL’ANTICO

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I gioielli ma anche gli oggetti d’arredo, le auto, i vestiti e perfino le caffettiere come tutto ciò che acquistiamo hanno sempre avuto un valore simbolico. La loro essenza era la rappresentazione di ruoli sociali ben definiti e riconoscibili. Un po’ per qualsiasi cosa ma per la casa e ancor più per i gioielli le simbologie si sprecavano… Potere e sottomissione, affiliazione, appartenenza, onore, forza, coraggio, saggezza, fecondità, ovviamente ricchezza, religiosità, devozione, trasgressione…
Bei tempi! (…o brutti, fate voi)
In quest’epoca senza dei, in cui il tempo e i ruoli scorrono liquidi, in cui la struttura della famiglia e delle ricorrenze ad essa legate lasciano il tempo che trovano, gli oggetti in cui ci identificavamo non rappresentano quasi più nulla. Sono diventati perfino inadeguati a mostrare l’ovvio: la ricchezza, il ruolo sociale, il potere.
In questi anni, fatti di giochi senza senso, guardiamo con nostalgia ai simboli e ai valori che solo cinquant’anni fa regolavano ancora le nostre relazioni.
Non si stava meglio quando si stava peggio. Certo che però ci piace giocherellare ancora con le insegne che un tempo rappresentavano ruoli e valori carichi di emozioni, indiscutibili immagini di un mondo sparito con la Coca–cola e i pop–corn.
Ci riferiamo tutti alla memoria dell’antico come ad un ultimo baluardo contro la perdita di senso.
Fare design oggi non può prescindere dalla storia, dal prendere a prestito forme simboliche che si trasfigurano in sberleffi ironici o in evocazioni romantiche, in giochi colti o semplici copia–incolla di decorazioni, disegni e immagini di tempi che attraverso le nebbie della memoria ci rassicurano.
Pensando all’opera di Alessandro Mendini che ci ha lasciati da poco e insieme a lui a tutti i maestri del moderno val la pena ricordare come la memoria del passato sia ancora il terreno su cui far crescere il nuovo.

FACCIAMOLO STRANO – IL PRODOTTO

facciamolo-strano

 

Il prodotto, l’azienda devono essere riconoscibili.
Farsi riconoscere non vuol dire solo stampare il proprio nome dappertutto o metterci la faccia sempre e ovunque.
Farsi riconoscere significa avere stile. Un modo unico di fare, di essere, di produrre e comunicare. 

Mettici il tuo colore, quello acido, pastello, naturale, metallico… un Pantone che usi solo tu.

Di che profumo sa la tua azienda?
Di terra? Di campi falciati?
Di petrolio o di frutta candita?

Qual è il suono, la musica che ti distingue? Pensa al “booong” di Brian Eno che risuonava all’accensione del primo iMac. Come suonano le tue cose?

Pay-off, slogan… cosa dice la tua azienda? Ma soprattutto come lo dice? Che sapore, che profumo, che suono hanno le tue parole? Dolci come una torta di mele, secche come un buon bianco, affilate come una spada, didascaliche, altisonanti, piatte, rotonde, acuminate come spine o morbide come cuscini.

I tuoi progetti, le tue forme come sono?
Linee diritte e parallele o spezzate piene di angoli acuti? Curve sexi? Morbide, infinite sinusoidali, modanature classiche, ridondanti composizioni barocche… frattali, ellissi, spirali… o semplici rettangoli smilzi?

Non è obbligatorio che i nostri prodotti siano bizzarri. Uno stile può essere riconoscibilissimo con un nonnulla… purchè sia un nonnulla che faccia pensare “Ah! Però!”.

Quante scelte tocca fare per decidere chi siamo davvero.
La fregatura è che non pensarci, lasciar perdere è solo un altro modo di scegliere. 

FOTOGRAFARE LE OMBRE E LE LINEE DEI NOSTRI PRODOTTI

FOTOGRAFARE

 

Fotografare un oggetto è come dargli vita.
Sia una sedia, un anello con diamanti, una bottiglia di grappa o una giacca di finta pelle rosa, i prodotti del nostro lavoro non esistono fino a quando non vengono immortalati dalla macchina fotografica per moltiplicarsi all’infinito nel web e sulla carta stampata.

Ecco qualche idea su cose da fare e da evitare fotografando. Cose che converrebbe seguire… ma non sempre. 

AMBIENTARE, ABBINARE, ACC…
Fotografare una poltrona su di uno sfondo bianco o nel salone di una villa? In mezzo ad un prato o su una spiaggia? Vuota o con qualcuno spaparanzato sopra? Ovviamente dipende da cosa vogliamo comunicare. Resto sempre dell’idea che meno roba c’è intorno e prima si capisce chi è il protagonista.

OMBRE LUNGHE
Il disegno che tracciano gli oggetti con le loro ombre è spesso più bello degli oggetti stessi. Ombre lunghe e scure, grandi o sottili, nette o sfumate, linee diritte e curve sensuali.
L’oggetto protrebbe quasi sparire e lasciare che sia la sua ombra a parlare di lui.

ASIMMETRIE OBBLIGATORIE 
Gli oggetti devono provare a scappare dall’inquadratura, altrimenti,  se stanno lì al centro fermi come allocchi sembrano morti… Mezzi fuori e mezzi dentro sono perfetti!

MOSTRARE IL LATO OSCURO
C’è sempre un lato che non mostriamo mai. Un retro, un aspetto che riteniamo non debba interessare a nessuno. È proprio quello che potrebbe sorprendere.

FACCIAMOLI A PEZZI
Dettagli, dettagli, dettagli…
Bello il divano, ma la cucitura o il piedino potrebbero fare la differenza
Uno spigolo, un bottone, un bullone, una lamiera acidata… diamanti bianchissimi, il segno di un’imperfezione, di un materiale caldo, un tappo, una maniglia, una scatola…
Dettagli da inquadrare e mettere a fuoco con precisione chirurgica.

FOTOGRAFARE IL PRODOTTO
è un po’ come inventarlo un’altra volta.
Proporlo esattamente com’è e come non lo vedremo mai.
Come lo faremo ricordare sempre.

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