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I tempi della creatività

Per chi lavora con la creatività per le aziende il tempo è fondamentale.
Per soddisfare il cliente.
Per non sforare i costi.
E soprattutto per ottenere buoni risultati.

All’inizio c’è l’idea

il gesto, lo scarabocchio, il segno che chiarisce tutto, il momento dell’ideazione.

Poi c’è il ritmo del progetto

il tempo razionale in cui l’idea diventa concreta.

Alla fine c’è il tempo della riflessione
dell’apparente inoperosità, della lentezza. Il tempo della sedimentazione. Il tempo che trascorre aspettando che la percezione diventi consapevole.
Quante volte il disegno di un logo, l’impaginazione di un catalogo, il disegno della curva di un oggetto, il progetto di una seduta, di un contenitore, di un ornamento, dopo i disegni o addirittura dopo la realizzazione del prototipo, quante volte siamo rimasti cosí, sospesi, come nell’attesa che debba ancora succedere qualcosa. Lì inizia il tempo necessario per digerire il prodotto della creatività, lasciare dissolvere le emozioni che ci hanno sostenuto e cogliere l’essenza. Pulire lo sguardo da incrostazioni emotive per vedere meglio e riuscire a giudicare, accettare il risultato o intervenire di nuovo.
Così per ogni azione creativa dovremmo prenderci del tempo.
Invece i tempi della creatività sono troppo spesso compressi dalla necessità di rendere immediatamente produttivi i costi. Così è normale che una lunga riflessione finale venga percepita come “perdita di tempo”.
Allora, meglio introdurre momenti di verifica durante tutto l’iter progettuale.
Una creatività STOP and GO che alla fine renda più veloce l’approvazione e permetta di passare in tempi corretti alla produzione.

Avere un’idea e farla funzionare

Per farla semplice potremmo dividere la creatività in due momenti, trovare una buona idea e poi renderla realizzabile.
Vale per tutto, design, grafica, packaging, allestimenti, scrittura, web, tutto…

1 – TROVARE UNA BUONA IDEA
Non so a voi ma a me le idee non vengono a star lì a pensarle ma lavorando, mentre provo e riprovo, scarabocchio, ritaglio, scrivo, cancello, riscrivo e… l’idea buona viene in autostrada alle nove di sera. Non sarebbe mai arrivata senza tutto il lavoro fatto prima…

2 – NON FARSELA SCAPPARE
Quando scocca la scintilla mi dico sempre me la scrivo dopo a casa… L’idea sembra sempre così luminosa da non poter essere dimenticata. Invece puntualmente evapora nel nulla. Meglio non fidarsi della memoria e appuntarsela (per fortuna oggi tutti i cellulari sono anche degli ottimi registratori).

3 – L’IDEA DEVE ESSERE INNOVATIVA
Se non fa luccicare gli occhi e esclamare – wow!!! – che idea è! Allora meglio guardare la questione di sguincio, prenderla obliqua. Se sto pensando al logo per un’azienda che crea gioielli non penserò ai gioielli, se fosse invece il logo per un’azienda agricola che produce vino non penserò al vino, e così via… Apple non ha un computer come logo, Nike non ha delle scarpe e Ferrari non ha un’auto. Se si producono arredi meglio non cercare idee sfogliando riviste d’arredamento. Tutto per cercare di realizzare qualcosa che non ci sia là fuori, già fatta.

4 – FACCIAMOLA FUNZIONARE
Trovata una buona idea siamo solo a metà strada. Ora occorre renderla funzionale agli obiettivi. Una seduta dovrà rispettare le regole dell’ergonomia e un logo dovrà essere leggibile in tutte le situazioni, un catalogo dovrà mostrare esaurientemente i prodotti e una caffettiera fare un ottimo caffè. Tutto senza dimenticare dell’idea iniziale.
Qui inizia un tira e molla tra le ragioni estetiche e quelle funzionali. È tutto un fa e disfa.

5 – SEMPLIFICARE
Un buon metodo è togliere tutto quello che non serve. Non è un gioco facile distinguere l’essenziale dal superfluo.
Cominciamo ad eliminere le cose complicate a favore di quelle semplici.

6 – BENE… NON MEGLIO
L’importante è conoscere la strada, sapere che non capita mai di arrivare fino in fondo. Evitiamo estenuanti corpo a corpo con la perfezione. Non si tratta di accontentarsi ma di lavorare per obiettivi entro tempi stabiliti. Il meglio non esiste, ci sono le cose fatte bene, quelle dietro le quali si intravvede il lavoro, un progetto.

7 – L’IMPORTANTE È FINIRE
Diamoci una scadenza precisa, la data di una fiera, una ricorrenza da onorare, un evento… Se non c’è fissiamola noi la nostra deadline, senza possibilità di sgarrare.
Perché l’importante è… finire!

CREATIVITA’ E PERFEZIONISMO PATOLOGICO

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Il perfezionismo patologico puó essere il peggiore dei mali per un creativo. Blocca, ingessa, distrugge.

Chiunque produca qualcosa di creativo, nel lavoro delle imprese, nell’artigianato, nel lavoro dei campi o in officina, preparando cibi speciali, vini naturali e abiti splendidi o solo divertenti e ancor di più chi fa della creatività tout court il suo lavoro, tutti sappiamo che spaccare il capello in quattro è da stupidi!
Non che fare le cose per bene sia sbagliato. Anzi! In mezzo ad un mare di pressappochismo un po’ di determinazione a cercare il risultato migliore possibile fa la differenza.
Ma appunto, fare il meglio possibile.
Non inseguire la perfezione assoluta.
Se sto disegnando una sedia é normale che sotto sotto ho voglia di disegnare la sedia più bella del mondo, quella più semplice da costruire, che costi niente e sembri fatta d’oro. Sciocchezze!
Mi scorrono davanti tutte le sedie piú belle del mondo: la Superleggera di Ponti, la Plia di Piretti, quelle della Castelli per Kartel, e via così passando per Stam, Breuer, Mies, Le Corbusier, Rietveld…
Per fortuna non mi capita più di imbambolarmi a pensare a tutte le meraviglie inarrivabili del design del novecento. Sono guarito dal perfezionismo patologico. Forse è normale lasciarsi intrappolare a vent’anni ma poi passa.
La fregatura più grossa è aver sempre paura di sbagliare visto che senza sbagliare non si fa un passo oltre il proprio naso e non si produce niente di nuovo.
Il tempo è la medicina contro il perfezionismo patologico.
Tempo per fare esperienza, per crescere, per conoscersi, per limitare la presunzione.
Il Tempo che pone il limite da rispettare oltre il quale non si può andare.
Il toccasana per la creativitá sono i tempi ben definiti, le scadenze, i clienti incalzanti che definiscono i limiti.
Troppo spesso il meglio é nemico del bene! Senza porsi limiti di tempo si finisce per pretendere di far sempre meglio e non si fa mai niente.
La creativitá ha bisogno di scadenze precise, di lavoro notturno, se necessario di ansia. La creatività ha bisogno di esercizi conclusi, di opere finite, abbandonate al giudizio del pubblico per andare oltre e ricominciare con qualcosa di nuovo.

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