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Simmetria, malattia infantile

Bello! È simmetrico!
Sei uno che non può proprio fare a meno della simmetria?
Vedi solo altarini perfetti come saint honorè? Solo comodini uguali e poltroncine gemelle?
Tranquillo, è il solito virus che ci siamo beccati tutti da piccoli.
Come il morbillo ma senza papule. Fino a quattordici anni è normale, da grandi meglio affrontare la questione, anche perché continuare ad avere gli stessi gusti di un moccioso non è il massimo.
Non è semplice, ma si guarisce. Ne so qualcosa, l’ho avuta per un sacco di anni e so quant’è difficile liberarsi da una sorta di mamma che ti tranquillizza, ti fa sembrare tutto perfetto, in equilibrio… e intanto ti rinchiude in una gabbia rigida e vecchia.
Uscirne è difficile peggio che vivere a pane, acqua e cicoria.

Ruota il tavolo che prima era perfettamente parallelo alla parete. Dagli una bella angolazione di 23, 24 gradi come fosse piovuto lì per caso. 
Metti in giro per casa sedie tutte diverse.
Spaia i calzini.
In fiera metti una fila di espositori dritta e sbilenca.
Porta un orecchino solo ma lunghissimo appeso al taschino della giacca…
Così… di asimmetria in asimmetria non ti verranno più in mente ingressi a tempietto o paragrafi di testo a epigrafe.

Finalmente guarito ti capiterà di avere nostalgia dei tempi andati in cui un asse di simmetria risolveva tutto. Nostalgia delle siepi di bosso ai lati del vialetto, delle poltroncine ai lati del caminetto… Non preoccuparti, la sindrome da simmetria è come il morbillo, non la riprendi più… tanto che in qualche rarissima occasione, dimentico del passato ti verrà da sbottare – Dai! Facciamolo simmetrico!

Hai in ballo un progetto tutto simmetrie?
Chiamami, parliamone.

Più idee meno scatole

Costi, sostenibilità, riciclo, smaltimento…
Se stai pensando al packaging del tuo nuovo prodotto o addirittura ad un cambio totale del confezionamento di tutto ciò che produci e vendi, tra le mille idee che ti frulleranno in testa ci sono di sicuro quelle che riguardano le voci risparmio, riduzione, riciclo e tutte quelle che, come queste, si rifanno al mondo dell’ecosostenibilità.
Parola d’ordine inquinare di meno,
consumare di meno, riciclare di più e, aggiungo io, non buttare via il bambino con l’acqua sporca.
Non buttare via design, stile, qualità, originalità, creatività…
Ma al contrario moltiplicare la forza dei progetti, la ricerca di forme e di materiali innovativi…
Più idee meno packaging vuol dire certamente ridurre imballi inutili ma significa anche inventare nuove funzioni, progettare oggetti che abbiano meno bisogno di scatole, scatoloni e scatoline. Cambiare produzione, inventare forme nuove, magari modulari, assemblare materiali più leggeri e più resistenti.
Usare materiali facili da riciclare, non accoppiare di tutto.
Affrontare un progetto di packaging vuol dire semplificare.

E a me questa cosa fa impazzire perchè forse finalmente riusciremo ad avere oggetti più belli, forme davvero wow che vorremo mostrare non chiudere in pacchettoni.
Le superfici di contenuti e contenitori saranno elegantissime, pulite, con grafiche parlanti.

Vestiamo i nostri prodotti di idee nuove.
Hai un progetto in ballo? Chiamami, parliamone.

le abitudini sono una fregatura

Le abitudini sono una fregatura.
L’abitudine all’uso di certi spazi strutturati ci inganna sempre.

Arredi la cucina e già pensi in moduli da 60/90.
Bancone, parete contenitore con frigo americano e forno. Puoi giocarci un po’ di qualità, di materiali, di colore. L’illuminazione chissene… le sedute e hai finito.  Il gioco cambia poco per ambienti meno strutturati come notte e relax.

Depliant A4, 32 pagine compresa la copertina.
8 quartini di noia mortale 9 volte su 10.Magari ti impunti e l’A4 diventa un’autostrada stretta e lunga… ma raramente la noia cessa.

Il packaging
deve essere funzionale e pesare poco, di settore in settore, forme, materiali e colori sono sempre quelli.

Presentazione aziendale…
dai che faccio il botto!!! PowerPoint, magari però con un’animazione o addirittura un video… solo un video, uguale a quello fatto da quell’agenzia famosa per quella multinazionale.
Però anche PowerPoint… 1920×1080.

Lo stand in Fiera quest’anno è 6×4.
Si fanno un sacco di cose con 2 metri in più. E la privacy della zona commerciale che sembra di essere in piazza? L’importante è che le vetrine restino sempre 40x40x40 e sembrino sospese… come fluttuassero nel nulla!

Il Catalogo? 
A4 va bene. L’abbiamo sempre fatto così.

Caselle allineate da cui è difficile uscire senza farsi male. A volte però meglio rischiare un capitombolo, una sbucciatura da niente e prendersi la soddisfazione di battere altre strade. 

Hai un progetto in ballo? Chiamami, parliamone.

I colori del lusso

Cos’è il lusso e quali sono i suoi colori?
Il lusso é eccellenza nella qualità, é esclusività, é sogno.
Il lusso é esagerazione o equilibrio? Eleganza rarefatta o creatività sfrenata?
É ridondanza o essenzialità?
É apertura al gusto internazionale o ricerca delle tradizioni locali?!
Non c’è un lusso soltanto, ce ne sono tanti che rispecchiano luoghi, persone e culture diverse…
Date le premesse avremo un’infinitá di colori del lusso:

L’oro, l’argento, il bronzo.
Colori metallici opachi o lucidi, da sempre simbolo di ricchezza, costosi, difficili da usare e sempre in bilico tra meraviglia e paccottiglia.

Bianco e Nero.
Essenzialità, pulizia, rigore. Archetipi del lusso che disgraziatamente si portano dietro un po’ di rogne. Troppo austeri e altezzosi, tendono ad escludere ogni altro colore e pretendono tutta la scena. Non bastasse, oltre a rappresentare il l’apice del lusso, incarnano per definizione moda e design, termini che si rapportano al lusso in una complessa relazione di amore/odio.

Il rosso.
Quello assoluto. Quello che ruba il nome ai brand che si azzardano a vestirsene. Passione, eleganza, trasgressione, arroganza.

Il viola.
Il colore dell’ambivalenza, della passione carnale e della contemplazione. Colore degli estremi, dell’esagerazione, del lusso osato. L’equilibrio perfetto tra rosso e blu che si stempera
dall’indaco al pervinca, dal lilla al fucsia… al melanzana, all’ametista, alla lavanda…

Le tinte pastello e quelle indefinibili.
Rosa, azzurro, grigio, sopra a tutti, e poi l’infinita gamma di tinte polverose… verde salvia, blu petrolio, azzurro carta da zucchero, rosa cipria, panna, burro, biscotto, terra di Siena bruciata, grigio topo e canna di fucile, paglierino, ceruleo, senape e zafferano, verde bottiglia, vinaccia…

Ogni colore può interpretare il lusso se imbrigliato in un preciso codice d’uso, se supportato da superfici materiche, carte goffrate, tessuti irregolari, legni striati, pietre porose e marmi compatti…
Ogni colore può trovar spazio in un progetto del lusso.

Hai un progetto in ballo? Chiamami, parliamone.

Cerca parole vere

Raccontare non vuol dire solo raccontare favole. Le parole disegnano le forme, sottolineano le fotografie, raccontano percorsi progettuali. La sedia sinuosa, la collana lunga, la bottiglia cicciotta, i tempi andati, i gruppi di famiglia, i progetti per il futuro… Storie di idee, di persone, di materiali, di scarabocchi e di tentativi qualche volta finiti bene e altre andati male.
Per raccontare le cose che si possono toccare e i giorni del lavoro bisogna cercare parole vere.
Non si tratta solo di scrivere o parlare in modo più o meno semplice.

Si tratta di non indorare per forza la pillola ma avere il coraggio di dire la verità, di raccontare le mani sporche e i tentativi sbagliati, i materiali rovinati, i confronti duri, la ripetizione infinita di gesti meccanici, i segni di lima sempre uguali, così per anni, fino a quando improvvisamente prendono un altro verso per errore, per noia o chissà perché e nasce qualcosa che avrà fortuna.
Raccontare segni e forme impossibili senza la consuetudine quotidiana con gli attrezzi e le macchine. Storie di sbagli, di idee nate male che han fatto dannare prima di lasciar venire fuori quello che tenevano nascosto.
Racconti di materiali troppo duri o troppo teneri, di attese lunghe mesi, di temperature troppo alte o troppo basse, di decimi di millimetro, di meccanica, di chimica e di buon senso, racconti di matite buttate dalla finestra e di improvvisi strisci neri nati impaginati… perfetti!

Bisogna cercare le parole vere, qualche volta brutte e cattive che però funzionano come macchine emozionanti ma…
Attenzione che bum!
La retorica a buon mercato ci aspetta con la didascalia del gruppo di famiglia, con il racconto dei festeggiamenti del decennale, con la presentazione del nuovo cocktail, della nuova macchina, del nuovo sito internet, del nuovo catalogo…

Hai un progetto in ballo? Vuoi parlarne?

Spazi di rappresentanza

I luoghi che rappresentano il tuo lavoro meritano un’attenzione speciale.
Non sono molto diversi dallo stand in Fiera, quando senti immediatamente la necessità di dare forza alla tua identità per differenziarti dagli altri ed emergere. 
La Facciata
Per le aziende che affacciano su di un luogo pubblico, una strada, un’autostrada, un prato, una piazza, un vicolo… e qui hanno il loro ingresso principale, si tratta di pensare a tutta quella superficie come a uno spazio pubblicitario, piccolo o grande che sia. Dal chilometro rosso della Brembo alla piccolissima bottega artigianale la necessità di apparire e di comunicare è la stessa.
Spazi, superfici, trasparenze, colori, luci, insegne e scritte devono dire chi sei come fossero la copertina del tuo catalogo, la tua pagina pubblicitaria, la home del tuo sito.
L’ingresso
Accogliere non è una funzione banale.
Qui si tocca già con mano ogni dettaglio, materiali, luci, colori, suoni e profumi sono importanti e gli arredi fanno la differenza.
La sala riunioni
Dimensioni della sala, forma del tavolo, qualità delle sedute, illuminazione devono lasciar respirare e permettere di lavorare guardandoci in faccia e lasciando uno spazio speciale allo schermo, l’affaccio bidirezionale sul mondo.
Lo show-room
Spazio multifunzionale che spesso unifica ingresso, sala riunioni, uffici commerciali, sala campioni, aree relax, zone d’attesa, bar… È il luogo delle sperimentazioni, delle luci e dei grandi schermi, dei materiali alternativi, delle sorprese e delle trasgressioni senza dimenticare mai le regole che ti sei dato scrivendo la tua identity policy.
Può essere uno spazio piccolissimo e affascinante.

Hai un progetto in ballo? Vuoi parlarne?

Cromonimi, i colori simbolo, nero, bianco, rosso

I linguisti chiamano “cromonimi” quei colori e quelle parole che ne derivano che ci aiutano ad esprimere concetti in modo chiaro e sintetico. Non sono tanti i colori che si prestano così efficacemente ad esprimere situazioni, emozioni, idee… I colori che assurgono al ruolo di simboli, seppur con peso diverso, sono poco più di una decina.
Di certo Nero, Bianco e Rosso sono quelli che usiamo di più.

Il NERO 
esprime disagio, illegalità, negatività. Vedo nero… cronaca nera, bollino nero, lavoro nero, libro nero…

Il BIANCO
 dice di neutralità e assenza. Notte bianca, matrimonio in bianco, carta bianca, andare in bianco, mangiare in bianco, bandiera bianca…

Il ROSSO 
rappresenta energia vitale ma soprattutto rischio e pericolo. Vedo rosso, andare in rosso, zona rossa, bandiera rossa, linea rossa, luci rosse…

Un assaggio di cromonimi che ci spalanca un orizzonte affollato di frasi eloquenti e coloratissime, piene di principi azzurri e quote rosa, città grigie, numeri verdi, bollini blu e lettere scarlatte… 
I colori tingono il linguaggio di significati e sfumature a cui quasi non facciamo più caso. 

Nella comunicazione visiva, nella grafica, del design, nell’abbinamento colore/prodotto la forza espressiva dei colori basici, nero, bianco e rosso è determinante.
Sono questi tre colori che fanno da base a quasi tutti i progetti cromatici importanti. 
Anche quando non ci sono è facile sentire forte il rumore della loro assenza.

Scegli il tuo colore e dagli lo stesso peso simbolico di un nero, di un rosso o di un bianco.

L’idea per attrarre Il tuo Pubblico

Cosa cerchi quando vuoi costruire l’identità della tua attività?
Un’idea chiara e che attragga il tuo pubblico. 
Può essere ovunque.

– Colori inusuali
Piccole macchie. Righe sottili. Segni che si ripetono su tessuti, lastre di pietra, biscotti… Una tonalità particolarissima di malva, salvia, beige, mattone, tortora… ricordandoti che sarà un casino ripetere ovunque quella tonalità esatta, ma questo già lo sai e fa parte del gioco.

– Voci, musiche, rumori, suoni, canzoni…
Squilli, campane, note ripetute, ritmi e silenzi da apertura di cellophane, stridii, clacson, boing di rimbalzo, schiocchi, frammenti di colonne sonore, urla e… le tre note di quella vecchia canzone che sanno tutti.

– Materiali malmessi
Acqua che compare dappertutto, minacciosa, in pellicole trasparenti. Fiamme, sabbia, vento, per tessuti leggeri, schermi digitali, occhiali, e cappellini a fiori… Quella del materiale che parla solo di te è una strada difficile. Il Vantablack non si inventa tutti i giorni.

– Luci invisibili
Fili luminosi tessuti su corpi glabri. Piccoli lampi da pillole solari, eliche eoliche per sottilissimi neon ritorti su curve barocche. Piccole lastre abbaglianti per gioielli evolutivi… Giocare con la luce sta diventando sempre più interessante.

– Profumi sottili come lame
Segnali, sentieri voluttuosi, nuvole colorate di feromoni. Sentori di vaniglia, di vetro e di plastiche, tecnologie nuove, auto, legni antichi, muffe. Indimenticabili marchi invisibili…

– Superfici, carezze e pugni
Curve lisce come iperboli, onde ritmiche, linee gelate, ustioni mentali. Tiepidi, piccoli soft touch ovali, velluti punteggiati da occhi lucidi, spine di vetro, spirali umide da perderci le dita. Scatole, croste scheggiate, unghie e gessi striduli…

– Parole da amare o odiare
Evanescenti variazioni, scie lunghe, silenzio, buio, ombra, nero, rosso, curva morbida e sinuosa, lastra sottile, strisce, cosce, trasparenze, tagli, lame, abbagli… Sono infinite le parole che amo senza un motivo. Odio “variegato” e ora non me ne vengono altre.

Prendere un colore, un profumo, un segno, una musica… e cucirli con chilometri di storie, creando forme, paesaggi, pareti di stanze, tessuti, piccoli bar, bottiglie di vino, anelli, maglie, sedie… È un gran lavoro!

Wow! Che Fiera

È appena finito Vinitaly, siamo in pieno Salone del Mobile e se non bastasse apre Biennale Arte a Venezia con la sua lunga stagione. Eventi internazionali che nel giro di pochi giorni frullano vite.
Prendo al volo tutto ‘sto ambaradan come occasione per pensare all’ esporre, al mostrare, alla vetrina, allo stand e in genere alla comunicazione negli eventi aziendali.
Facciamo che hai già saltato tutta la lista d’attesa e devi allestire il tuo spazio in Fiera per far risplendere l’immagine, i valori e i prodotti della tua attività.

Qualche pensiero utile.

Il tuo spazio in Fiera o durante un Evento non è diverso da un qualsiasi negozio e deve rispondere a criteri di funzionalità, riconoscibilità e attrazione, tutti ugualmente importanti per affermare il tuo brand e più banalmente per vendere i tuoi prodotti e/o i tuoi servizi.

Funzionalità ovvero mostrare, accogliere, presentare, vendere e riporre.
La dimensione fa la differenza ma a costo di lasciare 1/4 di mq al riporre, ci dovrebbe essere tutto.
Uno spazio piccolo può essere una grande opportunità. Quello che è davvero insopportabile, in tanti eventi, è dover sottostare all’obbligo di altezze ridicole.

Riconoscibilità vuol dire visibilità del LOGO, dei tuoi colori, del tuo stile.
Puoi mostrare tutto o niente. Scegli il nuovo, ciò che ti rappresentata e incuriosisce.
Gli oggetti “iconici” fanno la differenza.

Accogliere con disponibilità ed empatia
L’ingresso deve attrarre.

L’effetto “wow!” fa la differenza.
Magari è solo un soffio leggero che fa galleggiare 50 mq di tulle rosso in uno spazio di luce bianca. Una vecchia canzone, famosa e dimenticata.
Un materiale, un colore che copre tutto.
Un video, un’animazione, un movimento di luce.
Un’invenzione che sottolinea il tuo stile, il tuo carattere.
Un segno da portar via per farsi ricordare.

Potremmo star qui a riempire centinaia di pagine ma la differenza la fai tu quando ti metti in gioco.

parla con la tua voce

Scrivere non serve a niente.
Se scrivi sempre le solite cose, quelle che scrivono tutti, è chiaro che scrivere non serve a niente.
Niente frasi complicate, paroloni difficili, filosofie inutili.
Non puoi vendere i tuoi prodotti, le tue idee, i tuoi servizi, le tue emozioni, senza far la fatica di raccontarli in un modo semplice così che anche i bambini possano capirli.
I tuoi prodotti sono unici come te.
Scopri in cosa ti distingui. Parla con la tua voce senza fare il verso a questo o a quello. Mostrati per come sei e prova a migliorarti percorrendo la tua strada.
Non è semplice e non ci si impiega un giorno. Si sbaglia in continuazione.
Io quando mi accorgo di aver fatto una scemenza raddrizzo il tiro, correggo, e mi incazzo con me stesso. Ma meglio così! Molto meglio che non vedere mai i miei errori.
Inizia a scrivere e a parlare del tuo lavoro come di una cosa concreta, che si tocca, che si mangia.
Cerca il tuo pubblico.

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