BUONA PASQUA!
giornate lunghe, aria di festa, buona pasqua e pasquetta, voglia di luce, di segni strani, sole o pioggia non importa, divano, camminate, prati, visele e nuvole, colori e voglia di far niente, di primavera, film, storie, dormire…
giornate lunghe, aria di festa, buona pasqua e pasquetta, voglia di luce, di segni strani, sole o pioggia non importa, divano, camminate, prati, visele e nuvole, colori e voglia di far niente, di primavera, film, storie, dormire…
Quando acronimo ha fatto rima con felicità, la mia, per averlo inventato, mi sono ritrovato a gestirne anche la grafica e un pezzo di comunicazione con l’apprensione che mettono le cose preziose e delicate. L’acronimo GAVI forse non è ancora entrato nel gergo quotidiano dei ragazzi vicentini ma sono certo che ci entrerà presto e conquisterà il mondo. Il mondo di chi si interessa di oreficeria e gioielleria, di design, di artigianato e industria dei preziosi sotto i cieli di tutti i continenti. In primis ovviamente all’ombra della basilica palladiana.
GAVI sta per GOLD ACADEMY VICENZA 1858 nome scelto per sostituire la gloriosa Scuola d’arte e mestieri che negli ultimi decenni aveva dato il fianco all’ingiuria degli anni. Quando mi hanno chiesto di ridisegnarne il logo la prima cosa che mi è venuta in mente sono stati i ragazzi, quelli che stanno frequentando la Scuola e quelli che verranno. Pensando a loro ho immaginato i loro dialoghi, tu che scuola fai? Dove vai? Io faccio la Gold Academy Vicenza. Naaaaaaaaah! Non funzionava. Molto meglio GAVI. Io faccio il GAVI. Vieni anche tu al GAVI! Sì, decisamente meglio. E molto meglio per tutta la comunicazione che la Scuola rivolge ai ragazzi. Deciso questo è stato tutto più semplice. Il rigore di un quadrato in cui si compongono le 4 lettere di un font bastone in modo irregolare. La tradizione secolare dell’oreficeria vicentina che guarda all’innovazione, alla creatività, al futuro. Come sempre la semplicità diventa efficace. Per sottolineare innovazione, creatività e semplicità ho scelto come colore istituzionale un colore vinaccia appena più rosso del magenta con una tonalità mattone vicinissima al VIVA MAGENTA colore dell’anno 2023 per Pantone. Colore da abbinare intercambiare e gestire con gli immancabili basilari bianco e nero. E allora… Andiamo al GAVI!
Togliere tutto.
Il mio lavoro è sempre stato in bilico tra due atteggiamenti opposti. L’ossequio radicale alla regola di Mies da una parte e il decoro, l’invenzione, l’aggiungere dall’altra.
Due spinte radicali.
La pagina bianca, ridurre tutto a un unico segno e lasciarmi andare alla trasgressione, al colore saturo, alle linee curve, all’esagerazione.
Poi basta. Il rigore va benissimo e la follia pure.
Un segno rettangolare può giocarsi tutto da solo, diventare spazio, emozione, colore, tagliare come una lama boschi, prati, cieli, visi, muri, distese di asfalto, terra. Può segnare i contorni quadrati dei miei recinti. Una riga sottile può ripetersi, intrecciarsi e annegare in un sedime di foglie marce o tra le vene superficiali, i capelli e le rughe di uno sguardo. La natura mescola tutto, esagera e poi toglie. Lastre blu fatte di nulla si gonfiano di strisci neri, di vento e di pioggia. Texture di pietraie, scarabocchi di boschi, specchi d’acqua su cui appoggio segni.
Restano le simmetrie.
Insopportabili giochi da bambini che fanno paura e non danno vie di scampo. Colpa di spazi troppo stretti o troppo affollati, di preesistenze che non posso demolire, di sogni complicati. Sarebbe bastato un attimo ma adesso che sono passate mi tocca scarabocchiarci volute di filo spinato e fumo, punte di tratto-pen e altre piatte grosse quattro dita cariche di inchiostri neri.
Less is more… ‘na cippa!
Impagino tutti i giorni depliant, cataloghi, inviti, poster, pagine web e post per tutti i social…
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Ecco 10 suggerimenti
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UNO – Copia da quelli bravi
Prendi spunto, c’è un mondo là fuori. Prima di tutto impara a copiare.
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DUE – Bello fare follie
Poi però usa un carattere leggibile.
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TRE – Destra, sinistra… o centro?
Non mettere nella stessa composizione, con venti righe in croce, blocchi di testo e titoli giustificati a sinistra, a destra, a epigrafe…
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QUATTRO – Scegli un tono e… basta!
Superelegante, minimal, vintage, punk, romantic, new–age, corporate, shabby chic, horror, glamour… Uno solo, e poi cerca di essere coerente.
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CINQUE – Monocromo è bello
Una pagina tutta rossa e una tutta nera, fa tutto verde o tutto blu. Chi l’ha detto che un colore solo non basta?
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SEI – Certi font prima di essere usati avrebbero bisogno di una specie di licenza ad uccidere.
Come una patente “X” o il porto d’armi per il bazooka! Evita come l’Ebola roba tipo Gotik Vattelapesk che messe tre lettere in fila già non si leggono più.
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SETTE – Esagera!
Formati enormi o piccolissimi, grammature da carta velina oppure pagine spesse come muri in cemento armato, capolettera giganti o paragrafi invisibili…
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OTTO – Usa i font con parsimonia
Cerca di non usarne mai più di due nella stessa pubblicazione e dividi drasticamente quelli utili per i testi da quelli che possono funzionare al massimo per un titolo, per un effetto grafico, per un gioco… e basta!
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NOVE – Carta patinata o usomano?
Con la prima non rischi niente, con la seconda può succedere di tutto…
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DIECI – Paura del vuoto?
Soffri di horror vacui? Giocaci! Lo spazio bianco è il palcoscenico che dà importanza al tuo impaginato.
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Trova l’equilibrio, è quello che fa funzionare tutto.
#colori #cromia #rosso #blu #viola #giallo #branding #brandidentity #iltuocolore #emozioni #scegliere #brand #grafica #palette #significatodeicolori #comunicareconicolori #brandstrategy
In vista di un evento importante, di un meeting o di una fiera capita di lasciarsi prendere dalla fregola improvvisa di cercare il gadget perfetto, bellissimo e… che costi niente.
Diciamocelo! I gadget in genere sono delle cagate pazzesche!
Portachavi e chiavette, biro inguardabili e spesso inservibili, blocchi e calendari iper logati, shopper oscene, accendini, cappellini, t–shirt e ombrellini. Caramelle, mentine, confetti e cioccolatini…
Non importa la tipologia dell’oggetto, quello che è quasi sempre certo è che le sue qualità estetiche e funzionali fanno schifo. Che il suo potere emozionale è pari a zero.
Asserito questo come un dato di fatto incontrovertibile bisognerebbe porsi una domanda – Non è che così abbiamo sputtanato, insieme ad un piccolo budget, anche gli enormi sforzi che facciamo quotidianamente per dare lustro al nostro marchio e all’immagine aziendale? – Forse no. In realtà nessuno ci avrà fatto veramente caso e l’avremo passata liscia. Comunque nel migliore dei casi sarà stato inutile.
Cosa pensare allora? Che i gadget siano tutti inutili scemenze e stop?!
Ovviamente non è così. Ecco qualche banale ovvietà di cui forse varrà la pena tener conto.
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A meno di rari cortocircuiti mentali, difficile trovare qualcosa di decente bell’e pronto su Amazon su cui schiaffare il nostro logo e chi si è visto si è visto.-
Giochiamoci il nostro logo come si deve. Non è detto che la cosa migliore sia ficcarlo ovunque.-
Il valore del nostro oggetto fa la sua parte… la fantasia non ha prezzo… ma un po’ è vero che gadget fa rima con budget.-
La sorpresa è sempre una bella emozione.-
La confezione vale sempre almeno quanto il gadget, quasi sempre di più.-
Qualcosa che dica… – qualcuno ci ha pensato! –
Un gioco.-
Un’esperienza rara, un sapore, un suono, un profumo, solo un attimo indimenticabile.-
Una bella forma, una superficie piacevole, un materiale naturale.-
Una cosa da ricordare e da raccontare.-
Qualcosa da collezionare.-
E ricordiamoci sempre che i regali più belli sono quelli che non servono a nulla.
Fa tutto nero o bianco
Ecco questa mi piace. Potrebbe essere la prima regola delle diciassette regole fondamentali per creare oggetti fantastici.
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La seconda potrebbe essere – Dagli una superficie lucida
Anche solo un un filo, un punto.
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la terza – Fallo morbido
e qui comincio a pensare che non arriverò mai alla 17, pazienza. Certo Lui si era limitato a dieci e aveva avuto un’eternità per pensarci. Calma, non sono tipo da scoraggiarsi facilmente.
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La quarta regola per creare oggetti fantastici è – Semplifica tutto
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la quinta – Usa un solo materiale
che c’era già nel semplifica tutto.
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La sesta è sempre quella – Esagera
che sembrerebbe in contraddizione col – semplifica tutto – in realtà è possibile semplificare tutto in modo esagerato, però è vero, anche complicare. Fare altissimo, lunghissimo e piattissimo e si potrebbe continuare così superlativando.
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Settima regola – Usa materiali naturali
una regola che mi piace molto anche se mi piace molto anche la plastica, quella bella.
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Ottava – Gli oggetti fantastici devono costare poco
poi l’idea la vendi al prezzo che vuoi.
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La nona regola è – Deve emozionare
se funziona benissimo ma non emoziona non mi piace. Preferisco sempre un oggetto che magari non serve a niente ma che emoziona.
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Decima – Deve essere bello
ovvio direte, mica tanto.
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Undicesima – Facciamolo spiritoso
quasi tutti i grandi designer sapevano scherzare, metterci un po’ d’ironia.
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Dodici – Progettiamo per l’eternità
altro che ironia e leggerezza, diamo forma a icone indistruttibili.
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Tredici – Deve saper parlare al nostro pubblico
con l’obbligo di scalare le SERP di google, da soli non ce la faremo mai, ma se le il nostro oggetto fantastico sa parlare da solo allora andrà molto meglio.
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La Quattordicesima mitica regola è – Mettiamoci una punta di sex appeal
non guasta mai.
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Quindicesima – diamogli un nome che spacca!
breve, solo tre lettere, massimo 6, onomatopea, magari palindromo, con una X in mezzo e solo una vocale da ripetere a piacere. Oppure lunghissimo…
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Sedici – Facciamolo profumato
un mix di fragranze industriali tipo gomma, acciaio e benzina, oppure solo un soffio di vento fresco al gelsomino, una nota di lucidalabbra, un vago sentore di mare…-
La diciassettesima, l’ultima regola fondamentale
per creare l’oggetto fantastico è farlo in edizione limitatissima, farlo sparire subito e raccontare storie sulle sue apparizioni… racconti allegri, ora tristi, horror, sexi, fantastici… pubblicare foto bellissime in cui però si vede e non si vede e non si capisce un tubo…
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Nel caso ne aveste uno per le mani o addirittura fosse ancora solo un bagliore notturno da trasformare in materia chiamatemi che adoro dar forma ad oggetti fantastici.
Comunicare con le immagini e con le parole è una cosa semplice. Ci sono regole elementari che in genere conviene rispettare, ortografia, allineamenti, abbinamenti di colori e di parole. Acquisito l’armamentario di base serve capire quando e come trasgredire, inventare, andare oltre e creare.
Scrivere una mail o un claim è molto diverso.
Nella prima si scrive per comunicare con qualcuno in modo amichevole o più o meno formale. Nella seconda il “tasso di creatività” aumenta e il testo può assumere i toni dell’urlo, la musicalità della canzone, la ripetitività dell’eco, di una poesia, di una onomatopea e i significati delle parole possono essere oscuri, contraddirsi, sovrapporsi in pleonasmi, giocare a rimpiattino di ossimoro in ossimoro e sciogliersi in tutte le figure retoriche possibili.
Ci sono immagini e immagini.
Produrre l’immagine o una serie di immagini per mostrare una casa col fine di venderla è molto diverso dal fotografare la stessa casa per farne la base del poster di un film dell’orrore. Comporre la grafica di un poster che annuncia una svendita è tutta un’altra cosa dal tracciare un grande segno per comunicare la vernice di una mostra.
L’uso creativo della scrittura e delle immagini ha un’infinità di toni, tanti quante sono le persone a cui sono rivolte e le occasioni per usarli.
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Se vuoi approfondire sulla definizione di “creatività” leggi su “nuovo e utile” il sito di Annamaria Testa.
https://nuovoeutile.it/una-definizione-della-creativita/–
Se non mi prendo il rischio di sbagliare non mi emoziono.
Quando capita trovo sempre qualcosa di buono. Quando corro da solo in montagna o cammino in posti che credo di conoscere, solo se mi perdo scopro cose nuove, strade, boschi, ruderi che non ho mai visto. Quanto più mi allontano da casa ed esploro posti mai visti tanto più mi si chiude lo stomaco e percepisco un certo malessere, un senso di smarrimento.
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Non devo andare chissà dove. Mi basta uscire dagli schemi.
Gironzolare nei labirinti inesplorati della mente. Provare ad usare suoni, colori, forme verso cui ho sempre nutrito una certa diffidenza.
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Provare a mescolare cose che non avevo mai messo insieme.
È come preparare piatti con ingredienti mai assaggiati prima. La base sarà ancora un riso bollito, un trito di cipolla, una frittata, una crema… La solita linea curva, perfetta, un’ellisse sensuale, un quadrato, una spirale… Una pezza di cotone o di seta… Ma se poi ci metto altre cose… forme, sapori, colori, parole mai usate prima, ecco che comincio a divertirmi anche se mi vengono le vertigini e devo imparare in fretta a governare la barca.
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Sbagliare tutto è solo questione di un attimo ma non è detto che il risultato sarà cattivo, magari mi stupirà e sarà bellissimo.
Mi piace trovare nuovi sentieri… mettere insieme sottili lastre d’alluminio intarsiate, sassi rotondi, neri, schegge di vetro viola dai contorni d’oro per comporre la trama di una porta, un anello, un vaso, il risvolto di una giacca…
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Senza paura di sbagliare, perchè se fai quello che hai sempre fatto, otterrai quello che hai sempre ottenuto.
#sbagliare #trovare #sperimentare #serendipity #progettare #percorsicreativi #sorprese #emozioni #oooh #pensierolaterale #strategieoblique #risultatiinattesi #maldimare #comfortzone #learningzone #paniczone
Giocare è una cosa seria.
Non solo per i bambini ai quali dovremmo dare tutto lo spazio, la libertà e gli stimoli perché possano inventarsi giochi fantastici, ma anche per gli adulti. Non dovremmo mai smettere di giocare. Se poi di mestiere tocca usare la creatività tutti i giorni meglio tenersi allenati. Ho avuto la fortuna di avere insegnanti fantastici, precursori di teorie pedagogiche innovative. Quando da adulto ho incontrato le carte che Buno Munari aveva tratto da “La morfologia della Fiaba” del linguista russo Propp, ho rivisto le mie interrogazioni alle medie in cui si giocava a carte con vassalli e regine rischiando brutti voti buttando là fanti a caso davanti a un Barbarossa.
Lo “schema della fiaba” di Propp
con le sue 31 funzioni, a saperlo usare con la necessaria spregiudicatezza permette di scrivere qualsiasi cosa, dal romanzo della vita al Company Profile, ma bisogna aver imparato a giocare, a non prendere tutto per oro colato, a capire quando si può barare, bluffare, andare a vedere e quando no.-Se hai voglia leggi “Grammatica della Fantasia” di Gianni Rodari e “Fantasia” di Bruno Munari, oppure direttamente “La morfologia della Fiaba” di Vladimir Propp.
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Le carte con le 31 funzioni di Propp si trovano un po’ dappertutto in rete.
Acquistabili sul sito di Eno, ne ho trovate versioni on-line senza verificarne l’origine e ancora in formato cartaceo anche su Amazon.
Il gioco è semplice. Non sai che fare? Che strada prendere nel bel mezzo di un progetto creativo o davanti alla pagina bianca? Estrai una carta a caso o clicca sul pulsante dell’app e leggi. La frase può essere perentoria, tipo – ricomincia tutto daccapo – o sibillina, come – sempre i primi passi – in un caso e nell’altro cogli l’ispirazione e… gioca!