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La creatività è fare

La creatività è fare, disegnare, scrivere… correre.
Se si vuole realizzare qualcosa bisogna iniziare a farlo. Sembra scontato ma non lo è. Se voglio disegnare un tavolo devo prendere carta e matita e iniziare a disegnare. Se voglio scrivere un romanzo e molto più semplicemente un post sul mio blog devo iniziare a scrivere. Se voglio correre una maratona devo mettermi un paio di scarpe da corsa e uscire a correre. Subito! Adesso!

I progetti sono fatti anche di tante altre cose, di ricerche, di analisi, di riflessioni, di momenti di stasi. Benissimo, ma senza muovere i piedi non si va da nessuna parte.

È molto probabile che all’inizio sbaglierò, non sarò subito soddisfatto. Ma è su quei primi errori che costruirò tutto. Le prime righe di matita che tiro su un foglio servono solo a sporcare il foglio, a farmi capire che dentro la matita c’è qualcosa e che prima o poi verrà fuori se continuerò ad usarla. Se scrivo qualcosa è probabile che di lí a poco cancellerò, aggiungerò, cambierò qualcosa o tutto. Potrò farlo perché ho iniziato a scrivere. Potrò migliorare il mio disegno perché ho iniziato a tirar segni su un foglio. Potrò arrivare in fondo alla mia maratona perché stasera sono uscito sotto l’acqua a correre 7 stupidissimi chilometri alla velocità di un bradipo narcotizzato.

La creatività è fare. È molto più fare che perdersi in attese contemplative di improbabili epifanie. La creatività è allenamento tale e quale alla performance sportiva. Per questo, e per tante altre cose, penso che sport e creatività siano così simili, specialmente gli sport di resistenza, corsa, ciclismo, nuoto, sci di fondo… L’endurance sport aiuta a gestire l’ansia, svuota la mente, mette ordine, insegna a gestire il flusso dei pensieri.
Per questo tante volte chiudo il computer, metto giù la matita, i pennelli e…
Vado a correre!

Sanremo insegna. Trasgredire!

Trasgredire! Trasgredire! Trasgredire!Per essere visti, per farsi ricordare, per emergere dalla pappa grigia della quotidianità, specie se non si hanno capitali da investire in comunicazione in ogni dove, sembra tocchi andare contro corrente.
Ottimo! Ricetta semplice come piace a me.
Proviamo.
Faccio dell’ottimo vino italiano, vendo già ovunque alla faccia di quei rompicoglioni degli irlandesi e delle loro etichette salutiste del piffero, ma voglio diventare un brand internazionale.
Sponsorizzo il gay pride? Ci vogliono un sacco di soldi, l’evento non è in target… e scopro che non mi vogliono. Chissenefrega! Tanto ormai il Pride è come la festa della mamma. Vabbè! Allora al prossimo Vinitaly mi metto nudo con tutto il mio staff, moglie e figli compresi, slogan – al naturale come il mio vino. Non visitano il mio stand neanche quelli degli stand vicini. Mi intervista solo Telearena fregandosene di sfuocare là dove si dovrebbe.
Creo gioiellini in argento fatti bene, di design. Ho il mio piccolo mercato ma voglio farmi conoscere da tutti. Riempio i social per un mese, slogan – Per tutti! – e le foto brutte di una tipa brutta, ma proprio brutta. Perdo una ventina di clienti nel silenzio più totale. Tento di ucciderne uno (di cliente traditore) e mi becco solo un trafiletto nella cronaca locale dove mi prendono per il culo per la poca dimestichezza con Instagram più che per la poca mira. 

Produco e commercializzo poltrone e divani, niente a che fare con quelli là, roba più curata… ma vorrei che al Salone non succedesse come l’anno scorso e tutti chiedessero di noi. Regalo un tot di poltrone rococò magenta a pois bianchi a Vespa ma a parte il titolista, che ha sbagliato per ben 2 volte il nome del marchio nei titoli di coda, non se ne è accorto nessuno.

Morale?
Se non sei già famoso non hai niente da trasgredire.
E la trasgressione non può diventare la tua regola.

Al massimo puoi provarci, se giochi in una piccola area, o hai un prodotto di nicchia e conosci bene il tuo piccolo (grande) pubblico.

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Al mio amico Adolfo, capitava molto spesso di venire a un appuntamento, non so, con una ruota di Volkswagen sotto il braccio.
Era un ragazzo strano che amava molto stupire. Alle donne non regalava mai fiori, no, un chilo di pere, due etti di formaggio.
Un giorno sostituì il freno della macchina con un pedale di batteria, tum, morto. Sembrerà strano ma nessuno si è stupito.”
Il Coniglio – Giorgio Gaber 

Il colore delle cose

Il colore delle cose ne cambia la nostra percezione. Stravolge il nostro desiderio di possederle. Certi colori le rendono adatte a certi usi, altre tonalità ad usi diversi.

Se devo esporre una sedia in fiera, sarà molto più visibile se la faccio rossa.

Se voglio accentuare l’esclusività di qualcosa userò toni difficili da identificare, cartadazucchero, cremisi, salvia, burro, sabbia… tonalità imprecisate di cui esistono infinite variazioni.

I colori primari, il nero e il bianco servono a comporre bandiere, stemmi, insegne, a fare da sfondo a riti sacri e a convegni di partito, a dipingere emozioni, valori, stendardi sportivi, a identificare l’appartenenza.

I colori parlano di noi, della nostra azienda, dei nostri prodotti, ci rendono più o meno graditi e ci consentono di vendere con più o meno facilità.

Il colore è sempre una scelta importante da valutare con attenzione.

rafforzare l’identità

L’identità è la merce più preziosa che hai.
Grazie all’identità puoi renderti riconoscibile tra tanti altri che fanno il tuo lavoro e che offrono prodotti simili ai tuoi.
Se hai un’identità ben riconoscibile ti sarà più facile renderti visibile e vendere i tuoi prodotti a quelli a cui piaci.
Avere un’identità fortemente riconoscibile permette di rivolgersi ad un pubblico ben definito.
Se riesci a definire bene i tuoi potenziali clienti, puoi raggiungerli più facilmente con messaggi che troveranno interessanti.

Se per esempio gestisci un ristorante che offre cibo vegano potrai comunicare molto più facilmente di un ristorante qualsiasi.
Più il tuo pubblico avrà un’identità precisa e più sarà facile avere un’identità riconoscibile.
Cosa fare per rafforzare la propria identità?
Cosa definisce l’identità?
Sarebbe semplice e abbastanza corretto rispondere… tutto.

Prima di ogni altra cosa c’è l’idea, il concept, che mette in chiaro dove ci posizioniamo, in che modo e in cosa ci distinguiamo.
Per provare a capirci? Vogliamo vendere frutta e verdura tipica del luogo a prezzi popolari in una bottega rionale o roba esotica sceltissima? Mobili design hi-tech o forme della tradizione realizzate con materiali e tecniche eco? Carissimi gioielli dalle forme trasgressive o carissimi gioielli nelle sobrie forme della seduzione senza tempo. Antichi tappeti orientali o stuoie, tappeti e arazzi senza prezzo dai colori sgargianti e senza epoca provenienti da ogni dove. Ogni aggettivo che aggiungiamo sposta un po’ la nostra  collocazione sullo scena del mercato.
Quando abbiamo deciso quello che vogliamo essere, o abbiamo capito per bene chi siamo, che poi è la stessa cosa, dobbiamo mettere insieme le tessere del mosaico che ci rappresenta.
Così come mi vengono. Nome, Logo, Colori, Forme, Parole, Font, Materiali, Luci, Suoni, Immagini, Prezzi, Atmosfere, Profumi, Luoghi, Simboli, Decorazioni, Media, Pubblico, Autori, Riferimenti culturali, Composizioni… E per ognuna di queste tessere scandagliare territori… Oppure opporre negazioni radicali. Nessun profumo, nessun simbolo, nessun riferimento culturale, nessuna decorazione. Può funzionare a patto di sapere che ogni negazione è una scelta.
Un lavoro destinato a continuare, che non finisce mai. Confrontarsi ogni giorno con quello che cambia intorno, con le risposte che tocca dare alle nuove domande.
Accompagnare in questo labirinto, comporre l’identità dell’azienda è il mio lavoro.

Seduzioni

Design e comunicazione, forme, parole e immagini del mare magnum che chiamiamo mercato galleggiano tutti nel brodo di emozioni della seduzione.

Forme curve o spigolose, semplici o complesse attirano le nostre mani o le respingono.

Materiali morbidi, lisci e caldi o ispidi, duri e freddi, trasparenti, lucidi o opachi, dai colori accesi o grigi,
accendono sensazioni primitive, desideri o paure ancestrali.

Suoni piacevolmente suadenti o cacofonie aritmiche, voci calde e profonde, trilli di bimbi, gorgoglii… si imprimono nella memoria come richiami di Sirene.

Profumi delicati dalle note rarefatte quasi indistinguibili e odori grossolani dolciastri, acidi fanno click e ci accendono.

Parole semplici e vere attirano l’attenzione e toccano. Sollievo dalle solite tiritere finte piene di paroloni inutili. Parole che accarezzano e righe di gessi lunghi sulla lavagna secca.

Abbiamo sempre a disposizione un abaco infinito a cui attingere.
Progettiamo oggetti dalle linee attraenti che sappiano vendersi da soli.
Avvolgiamoli nell’aura di un packaging che stupisca, attiri e chieda d’essere svelato.
Circondiamoli con colori, parole, grafica e storie coerenti con l’immagine della nostra azienda.
La seduzione è fatta di equilibri difficili, di azzardi pericolosi e di invenzioni che stanno in piedi perché ogni elemento fa la sua parte.

Il blu funziona sempre

Il Blu funziona sempre, e così stanotte Pantone ha deciso.
I padroni di tutte le nostre sfumature hanno scelto 19-4052 Classic Blue come colore dell’Anno 2020. Leatrice Eiseman, la direttrice del Pantone Color Institute ha motivato la sua scelta con parole ispirate.

“ Viviamo in un’epoca che richiede fiducia e speranza. Pantone 19–452 Classic Blue, una stabile tonalità di blu sulla quale possiamo sempre fare affidamento, trasmette proprio questa sensazione di costanza e fiducia. Dotato di profonda risonanza, esso costituisce una solida base a cui ancorarsi. Blu sconfinato che rievoca il vasto e infinito cielo serale, ci incoraggia a guardare al di là dell’ovvio per pensare più in profondità e fuori dagli schemi, ampliare i nostri orizzonti e favorire il flusso della comunicazione.”

Brava! E dalla Pantone  aggiungono:
–  Dal momento che l’abilità umana fatica a tenere il passo con la tecnologia, non stupisce che siamo attratti da colori onesti che offrono un senso di protezione. Tonalità non aggressiva con cui ci si identifica facilmente, l’affidabile PANTONE 19-4052 Classic Blue si presta a un’interazione rilassata. Questo colore universalmente prediletto associato all’avvento di un nuovo giorno è accolto senza indugi. –

Insomma nel 2020 le palette di designer , fashion maker e creativi in giro per il mondo dovranno ispirarsi a questo bel punto di blu.

Nel mio piccolo non posso certo dissentire dal guru mondiale dei colori quando dice che questa tonalità ispira affidabilità, fiducia speranza.  Magari anche che serva ad ampliare i nostri orizzonti oltre le profondità marine e le altezze infinite dell’Universo. Forse ne eravamo in parte già consapevoli, punto più chiaro, punto più scuro, che il blu, trasmette una certa serenità e tutte  quelle altre belle cose.
Sul fatto che  possa aiutare a pensare fuori dagli schemi ho qualche dubbio.
Poraccio ‘sto Classic Blue non è che può far proprio tutto e il contrario di tutto!

Guardo su Wiki che sa tutto e scopro per esempio che nello slang australiano “blue” viene utilizzato con diversi significati.
Making a blue: fare un errore
Picking a blue: iniziare una discussione o una battaglia
Copping a bluey: ricevere una multa (per infrazione del codice della strada)
Blue o bluey sono dette anche le persone con i capelli rossi!
  (devo dirlo a mia figlia Isabella, MC1R doc)
Ma vabbè!
È il colore dell’Anno. Non facciamoci prendere da una paura blu, dev’essere di tutto un altro colore.

La scena del prodotto

Ecco qualche idea … e ricordiamoci sempre che tutte le regole sono fatte per essere trasgredite.

Pensiamo di essere a teatro, l’ho già detta mille volte ma non mi pare  sia passata ‘sta cosa del teatro.

Isoliamo il protagonista
La poltrona, il tubo di crema,  la collana, la bottiglia di grappa, la lamiera…  e usiamo la sua ombra stagliandola su di una scena bianca o facendola perdere nel buio. Un attore solo deve saper  tenere la scena, essere un mattatore…  ma ce l’abbiamo tutti un golden boy da schiaffare in prima pagina.

Uno… due… tre… quattro… protagonisti
Abbiamo diversi prodotti importanti? Isoliamoli  tutti come nel teatro dell’assurdo. Distanziamoli in spazi uguali, in fila. Separiamo lo spazio con la luce. Oppure disponiamoli secondo una geometria nota solo a noi, che risponda solo a canoni estetici. Oggetti inquietanti che non si parlano, che si voltano le spalle…

Mettiamoci il coro
Come il coro sulla scena del teatro greco antico mettiamo un gruppo di prodotti omogenei che faccia da contraltare ai protagonisti, li sorregga e li accompagni. Un po’ di spazio tra  gli uni e gli altri e luci diverse.

Un grande gruppo, un’orchestra
Valido per grandi gruppi di cose relativamente piccole.
C’è il direttore d’orchestra, il primo violino, l’arpa… e poi  tenori, soprani, contralti e stuoli di voci bianche…
Una composizione quasi sempre piramidale per non impallare nessuno, ma non per forza a simmetria centrale. Possiamo spostare il focus a tre quarti, tutto a destra o a sinistra. Se invece vogliamo proprio costruire l’altare… Esageriamo! Facciamolo verticale, alto, simmetrico fino all’inverosimile, senza un capello fuori posto. La luce cadrà al centro e sembrerà sparire ai bordi della nostra composizione.

Teatro sperimentale d’avanguardia
Della serie..  facciamo casino che tutti ci guardino!
Unica regola, la più dura, non avere regole.  Buttiamo le nostre cose come fossero messe a caso. Ci metteremo tre giorni ma non importa. Il risultato deve lasciare a bocca aperta… comunque.

Postilla
Evitiamo quelle cose da vigilia di Natale, i fiori se non facciamo i fioristi…  vetrine, stand, foto bellissime ma dove il prodotto non si vede. A meno che l’obiettivo non sia un altro, vendere il brand non il prodotto.
In genere sono due lavori diversi…

IL PROGETTO DELL’IDENTITÁ

Il-progetto-dell'identità
Ieri ho pubblicato la  frase che mario nanni (con le iniziali minuscole come piace a lui), il progettista, l’inventore di Viabizzuno, l’importante azienda di sistemi di illuminazione, ha posto all’inizio del mattone bianco che è il catalogo delle sue lampade.
È un bellissimo oggetto. Mi è capitato in mano e ha acceso una lampadina da qualche parte nella mia testa.
Non per la frase in sé:
– I progetti rendono gli oggetti eterni, le mode li corrompono, gli imbecilli li copiano e li vendono agli ignoranti e ai deficienti. –
La denuncia del furto come regola, di un processo che abbandona ogni consapevolezza e diventa biecamente commerciale.
Per l’uso forte, chiaro delle parole.
Per l’identità inequivocabile che trasmette.
Mi piace Viabizzuno e tutto quello che è, che fa mario nanni.
È come un segno nero sottile su una parete.
Ho scoperto la magia della luce il giorno che l’ho vista entrare di traverso da una piccola finestra in una stanza bianca. Quando ho iniziato a fare le prime foto, ai tempi della scuola, tanti anni fa.
Volevo solo dirvelo.
Ci scegliamo perché ci piacciono le stesse cose.
Lo stesso spirito con cui fare le cose, anche quelle più diverse.

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