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Esporre senza emozionare è triste.
Dopo un giorno e mezzo in fiera a VicenzaOro esco con la solita sensazione che si sia persa l’occasione per mostrare un po’ di creatività, tirare una pennellata di colore come si deve, sparare una lama di luce, far balenare un richiamo, inventare una presenza, qualcosa da fermare i passi e far esclamare di stupore.
Niente!
Solito bellissimo tran-tran.
Non è che tutti possano o debbano fare lo show ma è quasi incredibile che nessuno approfitti dell’occasione per occupare la scena, per far  lampeggiare una luce, rimbombare un suono, mettere in una bolla di vetro il silenzio, magari obbligare i visitatori ad un’azione qualsiasi. Attraversare un pertugio stretto, buio e morbido, suonare un gong, rincorrere gioielli di fumo… giocare a campana.
Ok, bisogna essere seri! Ne va del business, dei fatturati! D’accordo, ma non è triste?
Non solo per VicenzaOro e i gioielli. È così dappertutto. Si salva la moda.
No! Non fraintendetemi, non mi piacciono i gioielli importabili, palle come mongolfiere, lame lunghe da tagliarsi…
Siamo tutti qui per lavorare, per vendere e per comprare ma non sarebbe bello sbattere il naso ogni tanto in una sorpresa? Attraversare nuvolone rosse minacciati da un’esercito di madonne nere invece di incontrare tristi ragazze immagine sole solette fuori dagli stand con pacchi di volantini da centro commerciale.
Nelle Fiere dovremmo trovare nuovi modi di mostrare. Dare sostanza fisica ai post su Instagram e su Facebook, ai selfie, alle storie asfittiche incastrate su schermi oled da cinque pollici e mezzo.
Smettiamo di pensare ai nostri stand come a scatoline, magari enormi e preziose, ma pur sempre scatoline. Proviamo a farle parlare, inventiamo, progettiamo qualcosa che valga la pena raccontare e diamo voce ai nostri bijoux, alle ceramiche, ai vini, alle poltrone…

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