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I testi impaginati alla viva il parroco!
Pazienza il web, dove il responsive ormai fa quello che vuole, ma la stampa no! Pagine giustificate senza giustificazioni, parole lasciate sole alla fine di un paragrafo, righe abbandonate sulla pagina bianca come spazzatura. Capisco che non è obbligatorio sapere di “vedove” e di “orfane”, vabbè ma basta solo un’occhiata per evitare certe schifezze.
Il design tanto per fare.
Forme strane che non c’entrano niente, incrostazioni per coprire, decorazioni buttate lì. Invenzioni inutili, brutte, fatte solo per stupire che rendono gli oggetti vecchi ancora prima di essere prodotti.
Non me ne frega niente della funzione. Esageriamo, stupiamo! Ma con un minimo di stile.
Le imperfezioni di progetti cretini.
Guarnizioni che saltano via, incavi impossibili da pulire, lampadine insostituibili, materiali del piffero… Fotografie tagliate con la roncola e impaginate da ubriachi.
Le mie imperfezioni, quelle peggiori.
Puntini di sospensione come se piovesse, ripetizioni a go-go che quando tocca fare in fretta restano lì a futura memoria. “La vita ha più gusto quando la bevi cruda.” Prendere al volo slogan che passano alle due di notte anche se non c’entrano niente e scriverli dove capita come avesse telefonato la Testa per dirmi di infilarceli.
Chiamiamole imperfezioni…
Ecco qualche idea … e ricordiamoci sempre che tutte le regole sono fatte per essere trasgredite.
Pensiamo di essere a teatro, l’ho già detta mille volte ma non mi pare sia passata ‘sta cosa del teatro.
Isoliamo il protagonista
La poltrona, il tubo di crema, la collana, la bottiglia di grappa, la lamiera… e usiamo la sua ombra stagliandola su di una scena bianca o facendola perdere nel buio. Un attore solo deve saper tenere la scena, essere un mattatore… ma ce l’abbiamo tutti un golden boy da schiaffare in prima pagina.
Uno… due… tre… quattro… protagonisti
Abbiamo diversi prodotti importanti? Isoliamoli tutti come nel teatro dell’assurdo. Distanziamoli in spazi uguali, in fila. Separiamo lo spazio con la luce. Oppure disponiamoli secondo una geometria nota solo a noi, che risponda solo a canoni estetici. Oggetti inquietanti che non si parlano, che si voltano le spalle…
Mettiamoci il coro
Come il coro sulla scena del teatro greco antico mettiamo un gruppo di prodotti omogenei che faccia da contraltare ai protagonisti, li sorregga e li accompagni. Un po’ di spazio tra gli uni e gli altri e luci diverse.
Un grande gruppo, un’orchestra
Valido per grandi gruppi di cose relativamente piccole.
C’è il direttore d’orchestra, il primo violino, l’arpa… e poi tenori, soprani, contralti e stuoli di voci bianche…
Una composizione quasi sempre piramidale per non impallare nessuno, ma non per forza a simmetria centrale. Possiamo spostare il focus a tre quarti, tutto a destra o a sinistra. Se invece vogliamo proprio costruire l’altare… Esageriamo! Facciamolo verticale, alto, simmetrico fino all’inverosimile, senza un capello fuori posto. La luce cadrà al centro e sembrerà sparire ai bordi della nostra composizione.
Teatro sperimentale d’avanguardia
Della serie.. facciamo casino che tutti ci guardino!
Unica regola, la più dura, non avere regole. Buttiamo le nostre cose come fossero messe a caso. Ci metteremo tre giorni ma non importa. Il risultato deve lasciare a bocca aperta… comunque.
Postilla
Evitiamo quelle cose da vigilia di Natale, i fiori se non facciamo i fioristi… vetrine, stand, foto bellissime ma dove il prodotto non si vede. A meno che l’obiettivo non sia un altro, vendere il brand non il prodotto.
In genere sono due lavori diversi…
Foto per i social? Per il catalogo?
Qualunque cosa produca e venda la nostra azienda bisogna fotografare tutto e poi darci dentro con photoshop.
Inventiamoci qualcosa per non fare sempre gli stessi scatti.
Cambiamo prospettiva.
Dietro, sotto, dentro… quanti sono i lati delle vostre cose che nessuno ha mai visto come sarebbe giusto vedere. Col taglio e le luci giuste una sedia o un tavolo visti da sotto potrebbero mostrare dettagli interessanti.
Scegliamo il colore.
Non so se sia sempre possibile ma se ce l’avete rosso fotografate quello! Il vostro pezzo… sia un paio di scarpe, un vassoio, un pouf, un comodino o un bijoux…
Il rosso colpisce sempre!
Scegliamo i pezzi per le copertine.
L’ho già detto e lo ripeto.
Meglio una poltroncina di un divano. Molto meglio un anello di una collana. Un coltello piuttosto di una pentola. Un phon o un’aspirapolvere meglio di un frigorifero.
Anche tra gli oggetti ci sono le star. Poi bisogna trovare il lato giusto per fotografare tutto, lo so.
Muoviamo tutto!
Se possibile pubblichiamo una bella gif animata. Una clip video anche solo di tre secondi che continui a girare in loop.
Sul cartaceo? Usciamo dalle pagine.
Facciamoli strani.
Almeno in copertina falsiamo i colori, tagliamo con la luce, angoliamo, desaturiamo, strasaturiamo, viriamo i colori come trottole. Non si capisce niente? Meglio!
Raccontiamo storie.
Niente di meglio che farlo con le immagini. Ma tra – c’era una volta… – e – vissero felici e contenti… – proviamo a fotografare una faccia strana, un gatto (funziona sempre), un ballo, una birretta e tutto il resto…
Semel in anno licet insanire.
Sì, ogni tanto, quando serve si possono fare pazzie. Poi tutto il resto deve essere perfetto. Le immagini dei cataloghi, quello cartaceo e quello on-line, le foto dell’ecommerce, a fuoco, omogenee, stesse inquadrature, stessi tagli, stesse luci.
Perché la creatività quando va sopra le righe con stravaganze e pazzie serve a far pensare, ad attirare l’attenzione, a vendere… non a fare casino.