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UN ALBERO DI LUCE, L’ALBERO DI NATALE

lalbero-di-nataleC’è un Albero di Luce dalle mie parti che si accende il giorno dell’Immacolata e si spegne subito dopo l’Epifania. È lì pronto ad accendersi ogni anno da tanti anni e ogni volta è una magia.
È un albero qualsiasi, non so bene, non distinguo un baobab da una palma, forse è un platano o un olmo o un altro albero come tanti latifoglie. È un albero che d’estate non riconosco pur passandoci davanti tante volte.
Adesso è uno scheletro nero nel cortile di una fabbrica spesso maleodorante. Se ne sta quasi sul bordo della 246, una delle strade statali più trafficate del nord–est, avvolto dalla nebbia e dal gelo.
Di giorno non lo vede nessuno e chi lo vede non lo guarda.
Appena diventa buio si accende la sua poesia.

È un albero di Natale senza le caratteristiche tipiche dell’albero di Natale. Non è un abete, non ha decorazioni e palle colorate, punte luccicanti o festoni argentati.  A guardarlo di giorno non ha proprio niente. Di notte quando accende le sue piccolissime luci bianche che disegnano anche gli ultimi rami diventa un albero di luce e non c’è albero che più di lui dia il senso del Natale.
È proprio l’albero di Natale più albero di Natale che abbia mai visto.
È semplice, è grande, è luminoso, è inaspettato, è emozionante…  rinnega tutte le tradizioni ma è diventato un pezzo della tradizione del Natale della valle dove vivo.

Auguro a chi ci passa davanti tutti i giorni, tutte le sere, di lasciarsi emozionare, di farsi ispirare per i progetti creativi dei prossimi anni.

Auguro a tutti di passare a darci un’occhiata e di realizzare nel prossimo anno progetti densi della stessa semplicità di quest’albero di Natale, idee così grandi ed immediate capaci di emozionare.

Auguri!

NB – L’immagine in alto è un brutto negativo dell’Albero di Luce.
Non ho voluto annullare la sua poesia tentando di ricrearla in un’immagine che, per quanto bella, non ci sarebbe mai riuscita.

MADE IN ITALY

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Il “Made in Italy” sembra un concetto vecchio ma forse ci può ancora aiutare.
La sera di due giorni fa  ero tra quelli che gremivano il Palalido di Valdagno per sentire la star italiana della divulgazione culturale.
Alberto Angela è entrato con mezz’ora di ritardo dovuto alla grande quantità di pubblico che ancora si stava sistemando.

Taglio corto, non mi interessa parlare qui dell’ultimo libro di Angela sull’analisi della Gioconda leonardesca, ma dell’ottimismo e della speranza di cui era intriso il suo saluto d’apertura.
Non cretinate boriose, ma una riflessione, fatta e rifatta, che merita ancora spazio.

Alberto Angela nel salutarci ringraziandoci di essere così numerosi ha messo l’accento sul fatto che solo in Italia esiste un pubblico così interessato alla cultura da permettergli di presentare in TV una trasmissione di divulgazione culturale il sabato sera.
Ok, Angela è diventato un fenomeno mediatico, ok… addirittura c’è chi lo definisce un sex–simbol, ok…  ma tutto ciò resta difficilmente spiegabile senza una propensione diffusa all’esplorazione, alla ricerca della bellezza, senza che un’intera popolazione non inizi a prendere coscienza dell’enorme patrimonio artistico e culturale su cui è seduta.
Un patrimonio culturale, del saper fare, che dalla bottega del Verrocchio, dove più di 500 anni fa prestava il suo apprendistato Leonardo, arriva fino a noi in una miriade di attività creative.

Per Alberto Angela l’Italia non è un posto qualsiasi. L’arte, le capacità creative di migliaia di artigiani, il famoso “Made in Italy”, concetto consumato e quasi dimenticato, si respirano in ogni pietra scolpita, in ogni cibo, in ogni abito di cui abbiamo memoria.
È da questo substrato culturale, da questa ricchezza impareggiabile che trae origine lo spirito di questo luogo, l’Italia, e  trae origine il “genius loci” che si moltiplica all’infinito nelle specificità di ogni città, di ogni borgo.
Avere la consapevolezza della nostra identità, della specificità dei territori con le loro storie e i loro prodotti è il punto di partenza per creare le infinite sinergie che rilancino il “Made in Italy” dando nuovo spessore a all’idea di un’Italia in cui siamo in grado di fare tutto e di farlo bene.

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