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DESIGN E COMUNICAZIONE, TUTTO CAMBIA

 

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Design e comunicazione, tutto cambia.
Il design moderno, tutta la creatività moderna sono segnati dal rifiuto della decorazione.
Buttati in cantina i merletti della nonna, piallati i riccioli e ori dai buffet e dai controbuffet, raddrizzati i caratteri tipografici, bastoni senza più grazie, tolte modanature, bugnati e tutte le incrostazioni possibili dalle facciate dei palazzi ci siamo ritrovati a contemplare un vuoto che ai più non è piaciuto molto.
Il moderno non viene vissuto come l’affascinante affermazione della tecnologia, la rarefazione essenziale delle forme, lo studio di elementi  funzionali e pratici,  ma come freddezza, povertà, vuoto.
Per questo costruiamo chalet di montagna magari con un bel paio di palme in giardino.
Per questo siamo finiti a vivere circondati da un mare di roba caratterizzata dal non avere nessuna particolare caratteristica estetica, e diciamolo… nessuno stile! Che parolaccia da secolo scorso.
Telefonini ultrapiatti, lucidi e lisci come saponette studiati da designer multimilionari, televisori ultrapiatti che tocca leggere le istruzioni per trovare il pulsante ON–OFF, automobili levigate come frecce che ci chiedono dove vogliamo andare…  un mondo di tecnologia mescolato ai centrini della nonna che sfondate le porte delle cantine si sono riappropriati dei salotti buoni e già che c’erano hanno preso le forme di porta telefonini rococò, abat–jour con le farfalle e un’infinità di ghirigori che non hanno più memoria dei codici estetici dell’ottocento e si reinventano con risultati a volte sorprendenti .
In questo baillamme di cose belle e brutte, antiche e moderne, falso–antiche e quasi–moderne–ma–non–troppo se un’azienda cerca la propria identità deve iniziare un’analisi non molto diversa da quella psicanalitica… auguroni e buon viaggio! Perfino le parole assumono forme e significati ogni volta diversi. Scritture semplici, lineari e dirette si mescolano a vagonate di superlativi assoluti e tutto diventa ad un tratto… petaloso!
L’Accademia della Crusca si sveglia e come in un racconto di De Amicis il mondo è tutto “petaloso”, c’è anche la mestrina dalla penna rossa e piccoli scrivani ferraresi.  E  pensare che quando Forattini definì “risparmiosa” la Fiat Uno la sua pubblicità venne definita… vomitosa.

Tutto cambia.

Occorrono nervi saldi e la capacità di guardarsi intorno, buon naso e la capacità di contemplare l’errore come un compagno di viaggio. L’importante è intraprendere  il proprio cammino intuendo quando è necessario cambiare e agendo rapidamente.
Dalla decorazione ottocentesca, dai centrini alle parole e alle frasi di una scrittura arzigogolata al tritatutto della nostra quotidianità occorre sapersi mostrare e farsi riconoscere con una forte identità.
Nuovo Design? Nuova immagine aziendale? Nuova scrittura, slogan, fotografia… nuova comunicazione?
L’importante è che sia la nostra comunicazione!

Troviamo quella giusta insieme.

RACCONTARE IL PRODOTTO

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Per raccontare il prodotto è indispensabile avere un prodotto da raccontare.
Lapalissiano! Una Catalanata a ricordare il sorriso ironico del buon Catalano quando declamava convinto:  “Meglio avere una moglie carina e giovane che una vecchia e brutta!”. Ovvietà insomma!
Come dire –  Meglio avere da raccontare alla propria clientela un prodotto innovativo, bellissimo e carico di fascino che uno già visto, bruttariello e banalotto! –
Invece si pretende spesso di cavar sangue dalle rape.
Fortuna che a qualsiasi cosa è possibile associare un’idea intrigante, un’immagine sorprendente, e alla fin fine è possibile raccontare storie emozionanti anche del bussolotto di detersivo da tre litri in offerta 3×2.
Non vendiamo quasi mai un prodotto per ciò che è, per il materiale, la forma, la funzione, per le sue qualità oggettive, in qualche modo misurabili.
Vendiamo e compriamo emozioni!
Pezzetti di allegria, nuvole di fascino, sottili blister di felicità, sacchi semitrasparenti d’erotismo e seduzione, scatole d’autorità e litri, litri di indispensabili, mutevoli attributi con cui puntellare la nostra instabile personalità.
E allora meglio raccontare storie, dar vita a immagini impensabili, regalare invenzioni, esaltare forme e colori. Se abbiamo per le mani qualcosa con un gran progetto dietro, un prodotto denso di contenuti sarà più facile rendere credibile il nostro racconto. Ma è forse ancora più interessante trovare quell’idea geniale capace di trasformare un oggetto senza grandi contenuti in una icona da desiderare.
Attenzione! Non sono in gioco valori quali verità, qualità, utilità, economicità… questi ognuno li valuta come crede, con i metri di giudizio di cui dispone.
Raccontare un prodotto, uno qualsiasi, bello o brutto, una genialata o una scemenza, significa trovare quell’idea, una sola, in grado di essere afferrata, capace di farsi largo lungo il sentiero affollato che transita tra il cervello e il cuore.
Un’idea soltanto, condivisibile da un largo pubblico o quantomeno dal proprio target.
Cerchiamo di immaginare chi sono le persone a cui ci rivolgiamo, che vita fanno, quanto guadagnano, cosa sognano e pensiamo a quali sono le immagini, le parole, i suoni, i sentimenti che appartengono a queste persone.
Dovremo comunicare la nostra idea di prodotto raccontandolo con video, newsletter, fotografie e post sul nostro blog o sulla nostra pagina di Facebook, le parole e le immagini dovranno raccontare la stessa storia.
In genere la semplicità del messaggio paga!

SCEGLIERE e RINUNCIARE

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nell’immagine: Gift – Man Ray 1958

 

 

Progettare vuol dire scegliere e rinunciare.
Tocca scegliere continuamente… il carattere con cui stampare un testo, il colore, la forma, il ritmo, il peso…
Ci sono scelte che vengono automatiche perchè è così e stop! Perché quella cosa fa parte del proprio essere e quell’altra  ci è assolutamente estranea.  Capita invece di ritrovarsi impelagati  a non saper che pesci prendere e allora sono guai.

Ecco le mie scelte facili e quelle difficili.

–  Facile scegliere il font di un testo.
Non sopporto i caratteri di scrittura incomprensibili e illeggibili.
Capisco la necessità di innovare o di affermare il proprio carattere ma meglio evitare di scrivere una relazione o uno slogan o qualsiasi altra cosa con un Gothic, magari tutto maiuscolo.
Dovessi sceglierne uno soltanto sarebbe sempre – Helvetica –  in tutte le sue forme.

–  Il NERO.
E’ il non colore, l’assenza di colore.
Mi è difficile farne a meno.
Nero, rosso, Bianco sono colori simbolici imprescindibili.  Poi certo non rinuncerei mai a nessuna sfumatura dell’iride, amo il viola e questo è l’anno di Rose Quartz e Serenity. Parola di Pantone!

– Tra cubo e sfera non saprei cosa scegliere.
L’ellisse e tutti gli ovoidi sono le forme che catturano gli occhi, il tatto, che dialogano meglio con le lame taglienti e le forme appuntite. CURVE… CURVE… CURVE e rette spigolose come lastre di marmo taglienti. Rinuncio alle curve che finiscono subito, alle line che cambiano direzione senza alcun senso, alle forme nate senza progetto.

– Rinuncio agli spazi banali. Quelli dei regolamenti edilizi.
Rinuncio ai fogli formato A4 usati così, senza un perché. Rinuncio agli spazi che funzionano sempre, che van bene come sono e non si sbaglia mai. Mi piacciono corridoi lunghi e stretti come fessure che sfociano in saloni alti come il cielo.
Scelgo gli spazi che emozionano, grandi e piccoli.

–  Mi piacciono le ripetizioni infinite. Le finestre tutte uguali, le parole che si rincorrono, gli alberi in pose innaturali. Che belle le interruzioni a sorpresa, le eccezioni, gli imprevisti, il dilatarsi e il comprimersi dei ritmi.
Non mi piacciono i paragrafi spampanati con l’interlinea automatica.

– Amo i grandi muri bianchi o di cemento liscio lavati da una lama di luce.
Le texture geometriche  e quelle irregolari. Mi piace la decorazione assurda, messa là dove nessuno se la aspetterebbe mai. Non sopporto il ghirigoro usato come un paio di mutande a nascondere quello che non ci è venuto bene.

Qualche mezza certezza  tenuta insieme da tanti anni di lavoro bisogna pur averla. Aver chiaro quello che piace e quello che  proprio non si sopporta.

Stupirsi di un nuovo punto di vista, scoprire che potrebbe essere tutto il contrario.

SE VUOI POSSO AIUTARTI A SCEGLIERE

PERSONALIZZARE IL PRODOTTO

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Mai avuta voglia di un tatuaggio?
Così tanto per personalizzare il bicipite o la caviglia. Quando ci abbiamo pensato, a prescindere dalla localizzazione, quello che più ci interessava era la sua unicità.
Un disegno che fosse solo nostro.
Magari il tatuaggio poi non l’abbiamo fatto ma riversiamo continuamente la nostra voglia di identità su tutto quello che compriamo. È una mania!
Una voglia di affermazione dell’ego che avevano anche le nostre nonne quando ricamavano baulate di corredo con le iniziali di famiglia. Adesso… altro che iniziali sulle camicie, che tra l’altro non sono mai passate di moda.

La tendenza alla personalizzazione investe tutto il product-design.

L’arredamento, soprattutto nel contract, è un tripudio di personalizzazioni ad hoc. Il logo e i colori dell’hotel o dell’azienda occhieggiano dalle cerniere delle ante, dalle corsie dei cassetti  per esplodere ovunque su letti, specchi, tavoli e poltrone direzionali. Borse, scarpe e accessori non sono certo da meno nell’offrirci tutte le possibili variabili tra cui scegliere come identificarci. Siano pezzi extralusso, fashion o sportivissimi non mancherà mai la possibilità di aggiungere quel quid che dirà a tutti la sua appartenenza. Certo la si potrà urlare come sui barattoli della Nutella, sulle sinuose forme delle Coca–Cola e sulle fasce colorate ai bordi delle nostre Nike o si potrà più discretamente solo accennare scegliendo un dettaglio seminascosto ma bisogna poter dire…
“Questo è mio!”

Biciclette, occhiali, computer, smartphone, tutto deve avere un nostro segno inequivocabile. Le cover dei telefonini stravolgono il lavoro di designer geniali con chili di glitter, colori fluo, e le immagini di introvabili manga giapponesi esibiti più dei gioiellini tecnologici che nascondono.

PERSONALIZZARE, PERSONALIZZARE, PERSONALIZZARE!!!
È un imperativo categorico.
Gioielli che si adattano agli stati d’animo e al look di chi li indossa. Incredibili creazioni da usare in tanti modi diversi. Oggetti che il cliente può comporre come crede rendendoli di fatto unici e assolutamente personali.

Ma è proprio vero che il cliente vuole sempre poter trasformare a sua immagine e somiglianza abiti, gioielli, mobili, scarpe da ginnastica e posate d’argento?!
Qualche volta val la pena riflettere sulla paura diffusa di dover essere creativi a tutti i costi e trovare il modo di rendere semplice al cliente l’affermazione della propria identità e dei proprio gusti.

Chiamami che ne discutiamo insieme.

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