fbpx

Articoli

RACCONTARE LA VERITÁ e VENDERE

RACCONTARE-LA-VERITÁ-E-VENDERE_634

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

L’altro giorno discutevo con un cliente dei vantaggi di raccontare il suo lavoro mettendo in luce anche i lati meno appariscenti della sua attività.  Mettiti in gioco –  gli dicevo  –  parla di te, di come sei arrivato a fare questo lavoro, delle persone che ti circondano e che formano la rete di relazioni della tua azienda.
Parla della magia, dell’emozione di veder nascere le tue creazioni mettendo insieme la forza della natura e le competenze di così  tante persone.
Lui mi guardava, annuiva, approvava, ne parlavamo da un sacco di tempo, ma era percepibile in modo quasi fisico la sua ritrosia a mettere in piazza l’anima della sua azienda, la sua anima.
Per raccontarsi, fare storytelling, occorre mettere in gioco una quantità di energie infinitamente più grande di quello che occorreva per fare la cara vecchia pubblicità. Che non è morta eh!  Può servire ancora sparare uno slogan, mettere una bella foto e comprare un po’ di spazi dove pubblicarli, ma non basta più. In fin dei conti non è mai bastato. Quelli come me che si ricordano di Carosello hanno ben presente di cosa voglia dire raccontare una storia, far nascere un’emozione, far ridere e far piangere.
Raccontare del proprio lavoro, i progetti, la ricerca, i materiali, la produzione, le litigate, l’amore… che stanno dietro a una sedia, un gioiello, una bottiglia di vino… può essere fatto in migliaia di modi diversi. Mettendoci la faccia e parlando dei propri sogni, della propria famiglia, dei calli sulle mani, oppure inventando un simpatico personaggio protagonista di episodi illuminanti. Oppure tutte e due le cose messe insieme. Facendo parlare il nostro prodotto più loquace, oppure…
Quante scelte da fare!
Quasi, quasi mi ritrovo a raccontare delle cose che mi tocca scegliere ogni minuto, le parole, i materiali, i colori, le forme, il tono. Scegliere la carta e quel font, scegliere la foto, tagliarla, impaginarla, provare, fare un modellino, discutere e ridiscutere… buttare via tutto e mandare tutti a quel paese per ricominciare a scegliere.

Raccontarsi serve ad avvicinarci al nostro pubblico, ai nostri clienti, a far cadere le barriere, a far crescere la fiducia, a rendere duraturi i rapporti. Serve a mostrare i nostri prodotti attraverso il velo magico delle emozioni, serve a vestirli della nostra creatività, della nostra fatica, del nostro cuore… e serve a venderli.

Raccontiamo la verità! Vestiamola come vogliamo ma che sia la verità.
Al tempo del web, di Facebook, di Instagram, dei blog e delle newsletter c’è una sola cosa capace di distruggere tutti i nostri racconti e di trasformare lo storytelling in un boomerang, quella falsità che si percepisce immediatamente così  fastidiosa com’è… come una manciata di sabbia nelle mutande.

Della bellezza, della verità e di altre scemenze!

BELLEZZA-e-VERITA'_634

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

La bellezza è verità, senza  verità non c’è bellezza!
Questo è un pensiero molto semplice che mi gira per la testa da sempre.
Non me ne frega niente delle teorie  e degli aforismi di letterati e filosofi più o meno colti.
Non passa secondo che ci si scontri con post, articoli di giornale, trasmissioni TV in cui si parla di bellezza. Bellezza femminile, l’unica contemplata dai mezzi nazionalpopolari e anche dagli altri. Roba da estetiste, da parrucchiere, da giornalisti di femminili, da chirurghi plastici.
Della  bellezza  delle nostre case, degli oggetti di cui sono piene, dei giardini che le circondano, delle auto e perfino della nostra anima si occupano riviste di settore che sviscerano con chirurgica competenza ogni aspetto delle tecniche con cui si costruisce la  bellezza.

Artifici, trazioni, coperture, sfumature, sovrapposizioni, mascherature, aggiunte, dissimulazioni… Un armamentario causa di sfaceli ovunque. Se torniamo per un attimo al consumato tema della  bellezza femminile troviamo decine di esempi di bellissime donne che per inseguire l’archetipo di una bellezza  inesistente si sono trasformate in mascheroni inguardabili.

La finzione, il tentativo idiota di riprodurre un qualche concetto astratto di perfezione produce sempre inesorabilmente sfaceli grotteschi.

Così per la bellezza che attribuiamo alle persone, come per tutto il resto… architetture, oggetti, paesaggi, libri, film, sentimenti…
La bellezza non è aggiungere ma  togliere.
Togliere  il superfluo, pulire dall’inutile, far riemergere l’originalità, isolare, decontestualizzare.
In questo modo si esaltano le forme, si dà forza.

La nudità di un corpo, la pulizia diun muro, un prato, sono in sé belli. Tragicamente spesso non li sappiamo guardare, non riconosciamo la loro bellezza e i nostri tentativi di trasformarli in qualcosa di “bello” spesso ne fanno disastri.
Come apprendisti stregoni pasticcioni, incapaci di isolare e ammirare la bellezza esistente, pretendiamo di modellarla e la incrostiamo di ceroni, intonaci, vernici e, croste.

Non che sia proibita qualsiasi azione creativa, persino decorativa, ma  dobbiamo coltivare la consapevolezza  della nostre azioni.

Il decoro potrà essere essenza del progetto, un unicum, in cui tutti gli elementi sono elementi decorativi e funzionali al tempo stesso. Pensiamo alle auto sportive in cui il vento disegna l’aerodinamica e scolpisce delle forme bellissime.

Oppure gli interventi estetici decorativi potranno essere tra le varie opzioni con cui l’oggetto sarà presentato sul mercato.

L’importante sarà far trasparire la chiarezza del progetto…
La verità della bellezza!

Progettiamo insieme una nuova collezione?

× Contattami